Niente paura, ne faremo un workshop. Sarà stata anche l’ennesima tragedia annunciata in un mare di lamiere ed immondizia che non può far altro che diventare un rogo alla prima scintilla, ma ne parleremo amabilmente all’incontro istituzionale, in una sede istituzionale con aria condizionata e rinfresco. Che poi dovete darci atto che Torretta Antonacci suona molto meglio di Ghetto di Rignano, quindi un bel salto di qualità lessicale è stato fatto e ci va riconosciuto. Che figura ci farebbe la Regione più bella del mondo ad avere un posto che si chiama Ghetto di Rignano? Considerate che ai poverini che ci abitano viene proprio scritto come domicilio nelle iscrizioni anagrafiche: “ghetto” o “ghetto di rignano”.
Ma ripeto, ne faremo un convegno, una cosa tipo: “maquillage semantico degli insediamenti informali”. Bello anche insediamenti informali vero? Perché tu per esempio puoi avere una casa formalmente parlando, ma se vieni sfruttato a 2 euro l’ora nella filiera agroalimentare, non hai documenti, sei un invisibile, nessuno ti affitterà un appartamento regolarmente e allora non puoi far altro che crearti una tua casa con cumuli di macerie, lamiere, fango ed immondizia. E così dalla sommatoria di queste baracche viene fuori un insediamento informale. Al prossimo workshop proporremo il passaggio di nome in “installazioni d’arte contemporanea ad uso domiciliare”.
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Joof Yusupha aveva 35 anni, era un lavoratore, ed è morto carbonizzato, arso vivo nella sua baracca.
I vigili del fuoco sono intervenuti ma era troppo tardi ormai. Ovviamente era troppo tardi visto che stiamo parlando di un posto sperduto nel nulla per cui non ci sono neanche delle normali strade per arrivarci. Per un’ambulanza, per una camionetta anticendio o la polizia è pressoché impossibile intervenire per tempo. Dalla chiamata possono passare ore. Anzi io a riguardo ne farei una serie di incontri con tavolo tecnico e protocollo da stilare: “I ritardi dei soccorsi nelle situazioni di emergenza estrema negli insediamenti informali (2022 – 2037)”. Alla fine del caso studio si potrà procedere con la scrittura di un progetto ad hoc di cui dibattere per altri 4 anni.
Tutto ciò non è molto diverso dalla strage di Natale. Ricorderete sicuramente i due fratellini Birka e Christian di 2 e 4 anni deceduti a causa di un incendio divampato il 17 dicembre nel campo nomadi di Stornara, una bidonville abitata da numerosi cittadini bulgari. Tante le lacrime, non abbastanza per spegnere le fiamme. A pensarci ancora, non è molto diverso dalla sorte toccata a Ben Ali Mohamed, che tutti chiamavano Bayfall, carbonizzato anche lui nella sua baracca, non a Torretta, bensì lungo la Pista di Borgo Mezzanone. Così come i tanti morti nei furgoni fatiscenti (qualche anno fa una ventina in pochi giorni) e coloro che muoiono nelle campagne di troppo lavoro.
Potrei continuare per decine e decine di nomi ma non sarebbe l’approccio giusto. La cosa migliore da fare a questo punto è soltanto una: un workshop. Per esempio sul fatto che le fiamme divorano ed uccidono che tu sia un adulto o un bambino, che tu ti trovi a Stornara o a San Severo o nella terra di nessuno tra Manfredonia e Foggia. Ecco il comune denominatore, la Capitanata. “Cause e ragioni degli incendi negli insediamenti informali di Capitanata, un nuovo modello di studio del fenomeno”. A seguire rinfresco refrigerato ed aperitivo con stuzzichini. L’incontro si può svolgere alla Fiera del Levante per esempio, mi raccomando si preveda il rimborso per lo spostamento. A seguire dichiarazione stampa, comunicato informale, coccodrillo con lacrime di coccodrillo. Si perché in questi casi si solleva quel pizzico di indignazione popolare, ma tranquilli è passeggera. E’ un’onda emotiva di cittadini disarmati ed affranti di fronte a queste tragedie ma non può che durare il tempo di uno sfogo sui social. Magari se la prenderanno addirittura con la stampa se ha dato la notizia a pagina 4 o a pagina 5, o che taglio ha avuto nella prima pagina. Noi istituzioni deputate possiamo starne fuori, anzi ne facciamo un convegno, ma che dico, un workshop all’università su come dare le notizie delle tragedie come queste, che vocaboli usare, che immagini mettere. 2 punti di credito a chi partecipa. La gente deve capire che il lavoro fatto sulla retorica e sul lessico è importante. Prendete La Pista. Bel nome, si occulta da solo, sembra una cosa sportiva, una cosa istituzionale che funziona. Se non ci sei mai stato non ti verrebbe da dire che è letteralmente l’inferno sulla Terra dove si mescolano gravi pericoli, situazioni di totale degrado ed attività criminali di ogni genere. Da 20 anni quel posto non ha fatto che crescere, d’estate ci saranno 4-5 mila persone. I caporali sono i padroni dei ghetti. Hanno un controllo militare del territorio. Lì partono i loro furgoni con i vetri oscurati che portano 20-25 persone verso il campo di lavoro dell’azienda che li sfrutta. Alle spalle della Pista c’è l’ex Cara smantellato dai Decreti Sicurezza Salvini del Governo Conte (altro bel nome per camuffare un qualcosa che ha provocato molta più irregolarità, caos e perdita di diritti), e lì ci sono i militari armati di mitra a presidio del nulla. Una perfetta immagine di vuotezza istituzionale, l’emblema della sconfitta dello Stato. Esattamente dietro di loro, oltre le recinzioni distrutte c’è il più grande ghetto del Paese, condizioni igienico sanitarie terribili, violenze e pericoli di ogni genere. Parole che non renderanno mai quello che potrebbe provare chi vede, tocca, ascolta e sente l’odore di quei luoghi. Sulla differenza di percezione tra il leggere un articolo e provare l’esperienza reale ci farei addirittura un workshop, di quelli belli in un palazzo storico di Bari, con la pausa panzerottini nel mezzo. Quanto sono buoni i panzerotti a Bari, mamma mia.
Io ci vado spesso nei ghetti, e da lì che con l’Associazione NoCap salviamo le persone e le conduciamo in luoghi dignitosi per lavorare regolarmente in una filiera etica. E’ dura. Il sistema agroalimentare è marcio e non mi sento di garantire per nessuna azienda prima del nostro arrivo come associazione. I Lavoratori ci accolgono alla grande, tutti vorrebbero fuoriuscire da quella situazione drammatica di abbandono e sfruttamento totale, ma ci è impossibile aiutare tutti. Le problematiche però sono di natura anche istituzionale e burocratica in quanto per una persona con il permesso di soggiorno scaduto o senza permesso di soggiorno non c’è modo di farla assumere con contratto collettivo nazionale, non c’è modo di aprire un conto in banca. Sono condannati all’isolamento ed all’irregolarità anche se volessero fare di tutto per agire secondo legge. Ai tempi del Covid è stato suggerito di fare un permesso di soggiorno per motivi sanitari che permettesse a tutti di uscire dalla clandestinità e prevedere la regola molto basilare che chiunque si trovi su questo territorio debba essere identificato, inquadrato anagraficamente ed assistito a livello sanitario. Documento che poi permetterebbe di usufruire di servizi (sanitari ed amministrativi), di poter lavorare in regola e di affittare regolarmente un alloggio. A quanto pare però sono stati fatti troppi pochi workshop sul fenomeno e su questa soluzione attuata in altri Paesi.
Qualche mese fa alla Pista è venuto anche il Direttore de l’Attacco, Piero Paciello, ed ha notato l’immensità dello spazio inutilizzato dell’ex CARA, la situazione di continua emergenza e rischio incendi che si percepisce in ogni secondo e la risposta concreta delle istituzioni a tutto questo… delle belle cisterne blu di acqua per riempire i secchi. Milioni e milioni per progetti e fondi europei ma fondamentalmente i ghetti sono lì che esplodono di poveri malcapitati e la cosa più concreta che si vede sono delle cisterne per alleviare la loro mancanza di tutto. “Ma tutta questa immondizia? Cioè davvero non fanno niente?” Mi ha chiesto. No, figuriamoci se AMIU, o Manfredonia o chiunque sia, venga fin qui per questo servizio. Serve un intervento straordinario della Regione, ma i migranti qui non hanno il diritto di voto, non ci puoi fare una lista civica con loro.
In diversi hanno chiesto interventi di emergenza per risolvere i pericoli più continui ed imminenti, penso ad esempio a dei moduli abitativi ed ai campi della protezione civile come nei territori post terremoto. E poi subito a seguire progetti di housing, bonifica dei territori, recupero dei borghi abbandonati, case vuote da riqualificare, investimenti finalizzati e concreti. Progetti monitorati dall’Unione Europea per non farli disperdere in burocrazia o peggio in corruzione. Il capo della Protezione civile è stato arrestato proprio per una tangente per l’appalto dell’area covid da costruire nell’ex CARA. Ora il nuovo mantra è di utilizzare il PNRR per combattere questa vergogna dei ghetti. Se ci pensate è tutto materiale perfetto per delle videoconferenze, per degli incontri istituzionali, per dei workshop. Io in uno di questi l’ho pure detto a chi di dovere che il rischio di incendi è costante in ogni momento, che bisogna fare un intervento immediato per smantellare quei luoghi disastrosi e dare dignità immediata alle persone. Mi è stato detto che è complicato, perché se lo fai con uno poi lo devi fare con tutti…
Eh, appunto. Nessuno può vivere così, ribadisco.
Zone Transition
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Vabbè senti, facciamo così, ne parliamo al prossimo incontro. Un protocollo d’azione in Prefettura, però prima che vada via il Prefetto. Ah è già andato? Allora organizziamo un tavolo tecnico. Un tavolo di quelli belli in legno massello. E se ci danno i finanziamenti… ne faremo un workshop!