“Mi sento laico, umile credente, sempre in ricerca, prete per un servizio disponibile, disinteressato, gratuito nella comunità cristiana e nella società, accanto agli ultimi. Anticlericale, cioè non appartenente a una casta, ad una categoria; non funzionario della religione. Cercando di dare pace e gioia alle persone che si trovano a vivere nelle situazioni più drammatiche dell’esistenza: non credenti, separati, divorziati, incappati nell'aborto, omosessuali, disperati, la moltitudine degli esclusi. Cercando lune nel Vangelo sui temi discussi nella Chiesa, come il celibato dei preti, il sacerdozio delle donne, la pedofilia, la malattia e il fin di vita”. In questa maniera si descriveva don Michele de Paolis sul suo profilo social. Lui, il prete degli ultimi, dei sofferenti. Il sacerdote che con un dito spostava le montagne, come qualcuno lo ricorda. Sempre disponibile, sempre sorridente, attento, accogliente e con le idee chiare. Un carisma enorme capace di far gravitare attorno a sé tutti, istituzioni comprese.
L’uomo che fondò la Comunità Emmaus, dando vita ad una serie di strutture al servizio del territorio. Per tutto ciò che è stato don Michele De Paolis, impossibile descriverlo in poche righe, questa mattina in occasione del decimo anno dalla sua scomparsa si svolgerà un evento organizzato da Fondazione Siniscalco Ceci-Emmaus, Comunità sulla strada di Emmaus, Salesiani di Don Bosco, Salesiani per il Sociale e Coordinamento Nazionale delle Comunità di Accoglienza ed a lui dedicato, in ricordo di un sacerdote “costruttore di futuro”.
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Per l’occasione verrà consegnata alla Sindaca di Foggia, Maria Aida Episcopo, una raccolta firme volta a intitolare al celebre prete salesiano un’area di circolazione o una struttura di pubblica utilità. “Il regolamento comunale parla di intitolazione di strada o strutture, un percorso tecnico che viene deliberato dalla giunta e dal consiglio comunale – spiega a l’Attacco Rita De Padova, presidente della Fondazione Siniscalco Ceci-Emmaus – ciò che faremo sarà quindi una proposta perché crediamo che don Michele meriti un ricordo in città, per ciò che è stato, per quello che ha fatto, per il modello di chiesa che ci ha prospettato”.
Oggi sarebbe stato il compleanno di don Michele De Paolis. “A lui piaceva festeggiare – ricorda De Padova –, dunque abbiamo pensato di realizzare una festa tutti insieme, nel giorno del suo compleanno, consegnando ufficialmente alla nostra Sindaca la raccolta firme con la speranza di poter completare l’iter amministrativo entro il 29 ottobre, quando ricade il decennale della sua morte. In queste settimane abbiamo svolto una grande attività di sensibilizzazione raccogliendo – con molta facilità - oltre tremila firme. Vorremmo lasciare un segno della sua storia. Non sappiamo ancora dove potrebbe essere individuata questa strada o struttura – aggiunge la presidente – intanto partiamo. Oggi metteremo il primo mattone e intraprenderemo questo nuovo percorso con cui abbiamo voluto coinvolgere tutta la città, questo perché don Michele ci ha sempre insegnato che Emmaus è il territorio, e che non sono due cose separate – conclude. Cosa ricordo di lui? La forza, la caparbietà, il non arrendersi mai anche quando la strada era difficile. Tirava dritto fino all’obiettivo. Aveva a che fare con tantissime persone, aveva un grande senso delle istituzioni di cui nutriva profondo rispetto”.
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Tra i presenti all’incontro ci sarà anche don Antonio Carbone che ha poi aggiunto: “Don Michele mi ha spronato personalmente a dedicarmi alle attività sociali, buona parte di ciò che sono oggi lo devo a lui. Per diversi anni di sacerdozio sono stato anche lì, ad Emmaus, ed ho potuto ammirare ciò che faceva per la sua comunità. Per noi salesiani è stata una figura importante, che ha sempre tentato di farci svegliare da un torpore che molte volte rischiava di invadere anche gli ambienti ecclesiali, ricordandoci che Cristo povero lo incontriamo nella povera gente. C’è molto di don Michele in me – aggiunge –, ho preso esempio dal suo modo di servire i ragazzi, le fragilità umane. La sua condivisione di vita con i giovani era a dir poco straordinaria. Era un sacerdote che si sporcava le mani. Molto di quanto vive oggi a Foggia è per merito suo. È stato un Superiore dei salesiani, un uomo di grande cultura. Ma prima ancora, un grande uomo”.