Stefano Furlan oltre le tifoserie. Ora è patrimonio delle comunità

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Sono ormai passati 40 anni da quell’8 febbraio 1984, un tempo lunghissimo che, piuttosto che sbiadire o mitizzare la vittima di una delle prime tragedie avvenute in uno stadio italiano, è invece valso per continuare a ricordare Stefano Furlan, un ragazzo che, secondo qualcuno, si trovava nel posto sbagliato nel momento sbagliato. Un’atroce constatazione, surreale perché non spiega nulla. Eppure Stefano non aveva nessuna colpa, semmai possa esistere una che motivi la sua morte. Piuttosto aveva passioni, come quelle che ogni adolescente nutre e, nel suo caso, una delle più intense era andare allo stadio di Trieste. Non era un ultras, probabilmente li guardava con rispetto e ammirazione, ma lui non lo era. Però metteva al collo la sciarpa biancorossa che gli aveva fatto la mamma e andava a tifare per la sua Triestina. ‘Una notte lunga quarant’anni’ è il titolo del libro che gli è stato dedicato ed è stato presentato nei giorni scorsi anche a Manfredonia, nella sede della tifoseria biancoceleste Gradinata Est. È stata una serata molto partecipata, come lo era stata anche la mostra ‘Col tuo nome addosso’ che si è svolta a Trieste e ha raccolto, in un mese di apertura al pubblico, circa 4000 visitatori, tra i quali più di 80 tifoserie.

“Numeri importanti per una città come la nostra - commenta Lorenzo Campanale, associazione Stefano Presente -, che sta crescendo dal punto di vista turistico ma difficilmente potevamo pensare di riscuotere così tanto interesse”. Stefano era figlio unico di un papà che non ha mai conosciuto e di una mamma che aveva una forza incredibile, quella che le è valsa per crescerlo senza mai fargli mancare il necessario e quella ancora più sconfinata per ricordarlo in ogni istante con una compostezza fuori dal comune. 

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“Lei è morta due anni fa – ricorda Chiara, che era a Manfredonia insieme anche a Simone Meloni della rivista Sportpeople – e ci ha lasciato il ricordo perenne di Stefano Furlan, a cui è intitolata la nostra Curva”.  Stefano “non è più un morto per lo stadio e nello stadio - continua Lorenzo -, ma è un morto della nostra città. Ormai se chiedi in giro per Trieste chi è Stefano Furlan, lo conoscono tutti. E tutti conoscono le sofferenze di una mamma che è rimasta senza suo figlio”.

La signora Renata non ha mai spostato nulla dalla cameretta di Stefano, almeno fino a quando ha traslocato. Una volta nella nuova casa, però, non si è persa d’animo e ha posizionato di nuovo tutto come l’aveva lasciato suo figlio prima di uscire per andare a vedere quella partita.  Oggigiorno, abbiamo i cellulari sempre a portata di mano e se accadesse qualcosa del genere ci sarebbe probabilmente qualcuno pronto a riprendere in video. In quel periodo non c’era nulla del genere, eppure la tifoseria rossoalabardata, accanto “all’umiltà, al coraggio e alla forza della sua mamma”, è riuscita a tenere sempre vivo il ricordo di Stefano. 

“Non abbiamo mai mollato e siamo riusciti, nel corso di questi quarant’anni, a fare tantissime cose - riprende Campanale -. Già nel 1992 ci fu la predetta intitolazione della Curva dello stadio Nereo Rocco, nel 2002 il Comune fece posizionare una targa, nel 2017 furono realizzati alcuni murales con il volto di Stefano e la data dell’8 febbraio 1984, il giorno di quel Triestina-Udinese”.  Qualche volta succede che murales e simili possano diventare preda di vandalismi, ma non è mai stato così per quelli di Stefano “perché lui è patrimonio di tutta la nostra comunità”.

Nonostante la commemorazione sia in un periodo dell’anno che è particolarmente freddo e piovoso, la sua mamma ha preso parte alle manifestazioni davanti ai cancelli dello stadio fino a una decina d’anni fa. “Non voleva che nessuno di noi l’accompagnasse in auto, piuttosto preferiva venire con mezzi pubblici. E non mancava mai”. Così piccola, così enorme davanti a quei giovani che l’hanno ammirata e tenuta vicina a loro.

Si sono alimentati a vicenda della memoria, sorreggendosi quando serviva, ma sempre senza andare oltre i limiti. La signora Renata ha rilasciato rarissime interviste, gli ultras triestini continuano ancora oggi a ricordare Stefano senza eccessi. Anche se su quest’ultima affermazione, non è proprio d’accordo il giudice sportivo visto che, in ogni gara della Triestina, la tifoseria fa partire il coro “Trieste la curva non l’ha dimenticato: Stefano Furlan, ucciso dallo Stato”.

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E ogni volta arriva una sanzione di 100 euro alla società rossoalabardata per oltraggio allo Stato. “Con questo libro vogliamo portare a casa delle persone una testimonianza di cosa è successo quel giorno e, soprattutto, di cosa è stato fatto in questi 40 anni per ricordare Stefano”, conclude Lorenzo Campanale. E ci stanno riuscendo.

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