Qual'è la maglia più bella del secolo?

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Rosso come il sangue, nero come l’inferno: sono i colori che sin dalla nascita caratterizzano la maglia del Foggia.

Nel nostro recente excursus sugli stemmi del club abbiamo accennato ai motivi che portarono a questa scelta cromatica così decisa: le prime squadre di calcio cittadine avevano optato per il bianco o il nero (a volte combinando i due colori), maglie sicuramente di più facile reperibilità in quei pionieristici primi anni del Novecento. Ma quando nel 1920 nacque ufficialmente lo Sporting Club Foggia (poi diventato U.S. Foggia nel 1928 e successivamente Foggia Calcio) i fratelli Tiberini – tra i soci fondatori del sodalizio – non ebbero dubbi: in omaggio alle loro radici meneghine scelsero i colori del Milan (laddove in realtà il nero evocava la paura che avrebbe attanagliato gli avversari). Non si esclude che possa avere avuto un ruolo nella scelta anche un tributo al primo presidente, il colonnello Carlo Giglietto, per ricordare i Cavalleggeri di Foggia, scioltisi proprio in quel fatidico 1920. Da allora il rosso ed il nero sono sempre stati i colori del Foggia. Del resto, a pensarci bene, non poteva essere diversamente: il rosso e il nero sono i colori della roulette, eterna metafora di un’esistenza costantemente in bilico fra il tormento e l’estasi. Da allora e per sempre, la maglia rossonera è diventata il simbolo di una fede tramandata di padre in figlio, più forte di ogni avversità: il vessillo da sventolare davanti al muso degli avversari ogni maledetta domenica, in una inesauribile danza di amore e morte come in una corrida. Il rosso e il nero, simboli di passione e perdizione, come nell’omonimo romanzo di Stendhal. I colori della squadra di calcio sono diventati il sinonimo delle aspirazioni di riscatto di una intera città, che nel gioco del pallone ha trovato la sua rivincita: come il 31 gennaio del 1965, quando il Foggia di Oronzo Pugliese batté l’Inter euromondiale di Helenio Herrera; come in quei travagliati anni Settanta, quando gli indomiti ragazzi guidati da capitan Gianni Pirazzini, stringendo i denti, davano filo da torcere agli squadroni metropolitani del nord; come nella sfolgorante epopea di Zemanlandia, quando i Satanelli sono entrati di prepotenza nella cultura di massa come sinonimo di calcio offensivo e spettacolare

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Anche per questo, forse, la maglia rossonera è sempre rimasta fedele a se stessa: poche divagazioni (niente a che vedere comunque con le ardite e un po’ irriverenti soluzioni grafiche proposte negli ultimi anni da altre blasonate squadre italiane con la maglia a righe), concentratesi tutt’al più sul maggiore o minor numero di strisce (o, se si preferisce, su una maggiore o minore larghezza delle stesse). Il primo mutamento sostanziale giunse nel 1959/60 con l’utilizzo dei pantaloncini neri in luogo di quelli bianchi. Tra la fine degli anni ’70 e i primi ’80 vengono ufficialmente introdotti gli sponsor tecnici, fornitori ufficiali delle divise da gioco. E nel 1981/82 apparve per la prima volta il nome di uno sponsor commerciale, la Pasta Tamma. Nel 1995/96 arrivarono le magliette con nomi e numeri personalizzati.

In linea di massima, come detto, la maglia del Foggia non si è mai prestata a particolari variazioni sul tema, almeno per quanto riguarda la prima divisa: qualche concessione all’estro semmai è stata accordata per il template delle maglie da trasferta, ma di questo parleremo più diffusamente nelle prossime tappe di questo viaggio nel tempo. La sola eccezione è rappresentata dalla curiosa divisa sfoggiata il 14 agosto del 1987 quando, in occasione della Coppa Durum (evento voluto direttamente dal patron Pasquale Casillo), allo Zaccheria si esibì nientemeno che il leggendario Real Madrid: le Merengues si imposero per 3-1 ed il Foggia, anziché l’abito di gala, indossò una improbabile maglia in cui le strisce rossonere si alternavano col bianco. Un accostamento cromatico che fece storcere il naso ai puristi ma che rappresentò (fortunatamente) un unicum.

In realtà il bianco sulle maglie del Foggia non lega moltissimo: ai tifosi non piacque la scelta di Nike che nel 2018/19 utilizzò sul dorso nomi e numeri bianchi su sfondo monocolore rosso. Già la soluzione dell’anno precedente, con un pannello monocromatico nero, suscitò pochi entusiasmi ma questa parve quasi una profanazione. Del resto non ci vuole molto a capirlo: mai far vedere a un tifoso del Foggia il bianco col rosso! Una domandina semplice semplice per i designer di oggi: ma credete davvero che su uno sfondo a strisce rossonere il bianco di nomi e numeri non sia leggibile?

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Fatta questa piccola precisazione, andiamo a lanciare l’idea: sarebbe bello se fossero i tifosi a scegliere la maglia più amata di questi cento e passa anni di storia. Partiamo con gli home kit poi passeremo alle seconde e terze maglie in una sorta di referendum per suggellare un legame che è l’immagine allo specchio di ogni tifoso. Rosso come il cuore, nero come la rabbia.
1 - continua

 

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