È giovedì mattina e sono passate 24 ore da quando la notizia è stata diffusa e ha sconvolto la ruotine quotidiana di tanti, in particolar modo di chi nella RSSA Stella Maris, a Siponto, ha un congiunto che ci vive come ospite. Arresti domiciliari a carico di quattro indagati, tutti operatori socio sanitari impiegati nella struttura, accusati di maltrattamenti e di violenza sessuale nei confronti di alcuni pazienti ricoverati nella residenza. A distanza di un giorno, c’è un viavai continuo al varco d’ingresso della RSSA.
Come l’Attacco ha constatato direttamente, sono parenti soprattutto e anche amici dei degenti. Ansia, disorientamento, preoccupazione e rabbia: un mix di sentimenti che li accomuna, tristemente.
Una volta suonato al citofono posto all’ingresso esterno, l’accesso è permesso a ognuno di loro. Però solo chi ha convenuto un appuntamento può vedere la propria persona cara: quella alla quale continua a pensare dopo aver appreso dai media gli orrori che avvenivano dove, invece, pensava che potesse stare bene.
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C’è chi non accetta la regola già esistente, “si fa così da sempre, anche per via delle misure che sono state prese dopo il Covid-19” spiega un altro parente, e alza così tanto la voce che la si sente anche all’esterno. Fino a quando, a passo veloce, esce dalla residenza e continua ad urlare e anticipa che “farò intervenire le forze dell’ordine, perché non posso aspettare ancora un giorno per vedere mio padre!”.
“La proprietà e la direzione della Stella Maris – ha commentato a stretto giro dalla notizia l’avvocato Michele Vaira, legale della Cooperativa Santa Chiara che gestisce la struttura - non hanno alcuna responsabilità e risultano danneggiate dalle condotte dei dipendenti, che saranno immediatamente sottoposti a sospensione cautelare. La continuità assistenziale è assolutamente garantita e, alla luce di quanto accaduto, sarà implementato un ulteriore livello di controllo sull’operato dei dipendenti. Daremo tutta la nostra collaborazione per accertare i fatti e, al processo, ci costituiremo parte civile per gli enormi danni all’immagine che sono stati causati alla struttura e a tutti gli altri lavoratori che si dedicano agli ospiti con dedizione, passione e assoluta diligenza”.
“Sono dichiarazioni che appaiono premature – la risposta dell’avvocato Lorenzo Troiano, che difende i parenti di alcune delle presunte vittime – e non sono state prese bene dai famigliari perché non è stato chiesto scusa, né è stato indirizzato loro il minimo cenno di solidarietà al riguardo delle vicende occorse e delle quali noi stessi vorremmo capire di più. Preferisco lasciare alle indagini della Magistratura le risultanze delle eventuali responsabilità da parte della direzione e della proprietà”.
Si conoscono i nomi dei quattro indagati (ne riferiamo in altra pagina), ma non sono stati resi noti quelli delle presunte vittime di violenza. Sono state determinate nel numero di 14, grazie alle riprese delle videocamere installate dopo una denuncia anonima pervenuta al commissariato di PS di Manfredonia.
Le vittime sono ritenute tali perché ci sono video in cui vengono riprese, insieme ai loro aguzzini, in un arco temporale di circa un mese: da fine giugno a fine luglio scorso.
Quanti altri episodi potrebbero essersi verificati prima? E quante e quali altre vittime?
I dubbi dei parenti all’esterno della struttura sono questi. Vorrebbero tirare un sospiro di sollievo almeno nel vedere personalmente che il loro congiunto, ora, sta bene. Qualcuno si spinge oltre e chiede se vi possano esserci associazioni tra le violenze e alcuni decessi, ma saranno gli organi inquirenti a definire questi aspetti. L’avvocato Troiano indica un dato preciso, che non è riferito agli episodi contestati ai 4 accusati, ma che comunque non può essere sottaciuto: “Ci sono stati 6 decessi, negli ultimi 6 mesi”.
Fa venire in mente quello che Angelo Riccardi denunciò pubblicamente nel novembre 2020. Nel pieno del Covid-19, si scagliò “contro l’omertà dilagante” e bacchettò Michele La Torre, amministratore delegato della cooperativa che gestisce la RSSA Stella Maris. “I suo ospiti e i suoi operatori, per lui soltanto meri numeri, con il Covid salgono e scendono, in un tentativo maldestro di nascondere la realtà”, disse l’ex Sindaco.
Per poi chiedere informazioni circa “il numero dei deceduti della struttura in questo periodo? Nessuno ne parla? Nemmeno le famiglie? Al sottoscritto risulta che ci sono stati 4 decessi, tra gli anziani ospiti della struttura, nel giro di soli 7 giorni. C’è qualcuno che può smentire, che ci può dire la verità, visto che il patron è spudoratamente bugiardo? E l’ASL quando pensa di fare una comunicazione seria su questi temi?”. Risposte che non sono mai state date.
Non trovano risposte nemmeno i ‘fortunati’ parenti che riescono a fare visita al proprio caro.
Il signor Stefano, nome fittizio per tutelarlo, ha fatto visita a sua madre.
“È ammalata di Alzheimer e ha difficoltà nella deambulazione. Lei è una delle persone riprese dalle videocamere mentre viene afferrata e sbattuta da un letto all’altro, come se fosse stato un sacco di patate – riferisce a l’Attacco -. Non so quando siano avvenute queste violenze. Quello che so è che sono venuto a trovarla la settimana scorsa e stava bene. Ecco, guarda”. E mostra la foto che le ha scattato.
Quella immediatamente successiva è diversa.
“Questa, invece, l’ho fatta adesso che ho potuto incontrarla di nuovo. Ha questi segni rossi – come lividi, ecchimosi - sulla sua guancia destra. Vedi?”.
La differenza è evidente, qualunque sia la ragione di quei segni.
“Le ho chiesto cosa fosse stato. La sua malattia non le permette di essere lucida, però mi ha risposto. Mi ha detto che è stata presa a schiaffi in faccia”, aggiunge Stefano.
Zone Transition
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Sta riflettendo, come lui quasi tutti, per scegliere cosa fare. “Al momento, mamma resta qui. Non sarebbe per niente semplice trovarle posto in qualche altra struttura, anche se la ragione vera è che vogliamo prima valutare bene cosa è successo, come sta – termina - e, soprattutto, se ci sono ragioni per cui dobbiamo portarla via da qui. Ogni valutazione potrebbe essere prematura, in questa fase”.
E va via mestamente, accomiatandosi però con cordialità. Diceva che aveva trascorso la notte precedente “senza chiudere occhio, pensando a mamma”. Non si fa illusioni e lo ammette: “Penso che non ci riuscirò nemmeno stanotte”.