“Dal 1° gennaio al 23 novembre del 2022, il Centro Anti Violenza (Cav) di Cerignola ha ricevuto quarantacinque richieste d’aiuto tramite chiamata telefonica. Le prese in carico, inteso come supporto legale e psicologico, sono trentacinque. Le donne messe in protezione sono otto, mentre le messe in protezione di minori con le rispettive madri sono sei”. Sono questi gli impressionanti numeri del Cav ‘Titina Cioffi’ di Cerignola per l’anno in corso raccolti da l’Attacco. I dati sono forniti dalle operatrici della struttura funzionante nel centro ofantino.
Il Cav, dedicato alla memoria dell’insegnante cerignolana uccisa dal proprio marito nel 2013, è attivo dal 2016 ed ha visto aumentare le richieste di aiuto di anno in anno.
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“Questo aumento è legato all’opera di sensibilizzazione relativa al tema della violenza di genere operata sul territorio – spiegano dagli uffici dei Servizi sociali comunali – Si va nelle scuole e nei quartieri per fare informazione. Ora, la gente ha modo di conoscere le attività del Cav e i modi in cui si può intervenire. Purtroppo, è accaduto che il Cav non potesse intervenire proprio perché molti non ne conoscevano l’esistenza. Importantissima è poi l’attività di sportello: sono sei gli sportelli attivi nell’Ambito Territoriale, uno per ogni Comune che ne fa parte”.
Il Cav ‘Titina Cioffi’ è gestito dall’associazione ‘Impegno Donna’, presente sul territorio foggiano dal 1994, dispone di una coordinatrice, una psicologa, di educatrici e di un avvocato. Gli sportelli sono operativi il martedì ed il giovedì mattina ed il mercoledì pomeriggio: “Una volta accolte le donne che a noi si rivolgono, intraprendiamo con loro dei percorsi di consapevolezza consistenti nel riconoscere il proprio valore di donne in quanto tali – illustra un’operatrice del Cav – Qualora lo si ritenga necessario, il Cav si rivolge alle Case Rifugio per chiedere la disponibilità per la messa in protezione delle donne vittime di violenza. Importante è dire che una Casa Rifugio presente su un dato territorio non ospita donne provenienti da quel territorio. Questo per ovvi motivi di sicurezza”.
L’altro complesso della rete di protezione presente a Cerignola per le donne vittime di violenza è la Casa Rifugio gestita dalla Cooperativa ‘Sanità Sociale’. La Casa, attiva da luglio, è l’unica struttura del genere presente in tutta la Provincia di Foggia. La Casa Rifugio di Cerignola dispone di sei posti ed ospita attualmente quattro donne non accompagnate da minori. Le figure operanti all’interno della Casa sono sette od otto: una psicologa, un avvocato e diverse educatrici ed operatrici presenti 24 ore su 24 che lavorano su turni.
“Quando la donna che si è rivolta al Cav matura la decisione di lasciare la propria abitazione, il Cav si rivolge a noi per chiedere la disponibilità – dice Adele Colucci, coordinatrice della Casa – Diversamente, la donna che si sia rivolta alle forze dell’ordine per sporgere denuncia, se dovesse sentirsi in situazione di pericolo, viene messa in contatto con noi dalla Polizia o dai Carabinieri”. All’interno del Rifugio, ogni donna intraprende un proprio percorso teso alla propria valorizzazione in vista di un reinserimento lavorativo e sociale, che le permetta di riappropriarsi della propria vita.
Altro servizio fornito dalla Casa è quello di assistenza medica: “Ben presto, ci siamo ritrovati ad affrontare situazioni riguardanti il profilo sanitario delle donne, fisico e mentale – afferma Rino Santorufo, presidente della Cooperativa – Abbiamo dedicato molte energie a questo aspetto perché inizialmente non avevamo abbastanza informazioni. Per questo motivo, abbiamo segnalato la situazione all’assessorato ai Servizi Sociali, il quale ha recepito le nostre esigenze ed ha contattato la ASL che ha dato la propria disponibilità a fornire un check up alle donne bisognose d’assistenza”. Il tutto in attesa di “un protocollo d’intesa che costituirebbe una vera e propria novità a livello regionale, perché ciò significherebbe poter trattare ogni singolo caso in modo completo”.
Zone Transition
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L’elemento alla base di tutto è il “lavoro di rete. Se ognuno fa la propria parte, le donne si sentiranno meno sole e si riuscirà a far passare il messaggio che il mondo non è quello che hanno vissuto all’interno delle mura domestiche”, conclude Santorufo.
(Giovanni Soldano - l’Attacco)