“Non è per colpa mia che il Comune di Foggia si ritrova oggi a dover pagare 766.131 euro alla curatela fallimentare di General Costruzioni srl”. A parlare è Bruno Longo, che definisce la sua versione dei fatti “del tutto riscontrabile”. “La questione riguarda i lavori di spurgo effettuati a Borgo Mezzanone, dove il Comune di Foggia alloggiò 120 famiglie che erano rimaste senza casa”, esordisce a l’Attacco.
“Non essendoci le condotte collegate alla fogna del Comune di Manfredonia, scoppiò una diatriba tra i due Comuni - all'epoca amministrati dai Sindaci Paolo Agostinacchio e Paolo Campo - su chi dovesse realizzare quei lavori. Manfredonia disse a Foggia: siete stati voi a spostare le famiglie a Borgo Mezzanone, dunque a voi tocca. Di certo quelle famiglie andavano aiutate affinché potessero utilizzare i servizi igienici. Indipendentemente dall'assessore, il Comune di Foggia stabilì di intervenire effettuando periodicamente lo spurgo con un'impresa specializzata in materia. Chi decise non fui certo io, né rispetto alla decisione di trasferire i nuclei familiari a Borgo Mezzanone – che fu presa da Agostinacchio - né rispetto all'ordine all'impresa di effettuare i lavori, questione in capo all'Ufficio tecnico guidato dall’allora dirigente Biagini”.
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Longo domanda: “Quando mai un assessore interviene per lo spurgo? Biagini incaricò il geometra Armando Tusino, che purtroppo qualche anno dopo morì e che avrebbe potuto testimoniare in giudizio su cos'era successo effettivamente. Tutino assunse atti di somma urgenza dopo essersi recato sul posto e aver visto che bisognava intervenire. Il tergiversare successivo tra UTC e Ufficio finanziario spinse poi l’imprenditore Peppino Brescia, stanco di essere palleggiato, a citare in giudizio il Comune, me come assessore – sebbene non c’entrassi nulla - i dirigenti Biagini e Dicesare e il geometra Tusino”.
Nella propria ricostruzione della vicenda l’ex meloniano incolpa i dirigenti. “La causa iniziò nel 2004. Il Tribunale di primo grado sbagliò nell’inviarmi la notifica e io fui contumace, non potevi difendermi né dire in giudizio che c'erano stati atti di somma urgenza. L'allora dirigente del Servizio Avvocatura Domenico Dragonetti disse che i lavori erano stati autorizzati dal sottoscritto tramite delle delibere ma non era vero. Il giudice fu tratto in inganno. Dragonetti disse che io avevo autorizzato i lavori dell’impresa, come se l'assessore abbia un potere proprio quando è in realtà membro di una giunta e subisce il controllo dei dirigenti. E poi mi chiedo quale impresa vada ad effettuare dei lavori sulla base della parola di un assessore. La verità è che l’impresa intervenne sulla base degli atti attestanti la somma urgenza fatti da Tusino. Sono pronto a confrontarmi con chiunque su questa vicenda”, continua Longo.
“Il processo di primo grado si concluse con la mia condanna: il giudice, tratto in inganno, disse che dovevo essere io a risarcire l’impresa. A questo punto voglio sottolineare che le dichiarazioni rese da Giuseppe Maniero sono, come al solito, delle farneticazioni che non hanno alcun fondamento di legge: la lite non era tra Comune e me – caso in cui avrebbe potuto esserci qualche incompatibilità – bensì tra me e l’impresa. Tant’è che il prefetto rispose affermando che incompatibilità non ce n'erano, così come fece anche l'allora segretario generale Maurizio Guadagno”. L’ultima parte della lunga controversia giudiziaria è quella dell’appello, dopo il fallimento dell’impresa.
“Era subentrata la figlia di Peppino, nel frattempo deceduto. Dopo la condanna di primo grado la chiamai. Non avevo proprietà né reddito perché dal 2005 mi ero spogliato di tutto. Dissi loro che dovevano battere sull’illecito arricchimento da parte del Comune, che aveva ottenuto il servizio e non lo aveva pagato, così come risultava dagli atti sulla somma urgenza. L'impresa fece appello al Consiglio di Stato, che pochi mesi fa ha condannato il Comune. Dunque, ha riconosciuto l'illecito arricchimento da parte dell’ente. Questo è il motivo per cui il Comune è costretto a pagare. Chiedo a tutti: in cosa, allora, si è sostituito il Comune a Longo? Il problema nacque a causa della perdita di tempo per il tergiversare tra Biagini e Dicesare. Bisognerebbe riflettere sul perché il Comune, che allora poteva pagare meno, oggi si ritrova a dover sborsare 5 volte tanto. Non è questione da sollevare davanti alla Corte dei Conti? Ci sono livelli di omissione da parte della dirigenza comunale, sono intenzionato ad adire la Corte dei Conti e, anzi, ho già iniziato a muovermi in tal senso”.
Ma perché allora Longo non agì contro Dragonetti, se riteneva che fosse stato tirato in ballo in maniera non veritiera? “Avrei voluto farlo ma i vari sindaci che si sono succeduti mi pregarono di non sporgere denuncia contro un dirigente per non inimicarselo”, conclude l’ex eletto.
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“Ma oggi chiedo: la responsabilità di quanto è avvenuto di chi? Voglio sottolineare il comportamento omissivo e dannoso per il Comune, che oggi si ritrova a pagare molto di più per lavori che gli erano stati effettivamente realizzati. Ma voglio anche rimarcare la negligenza dei dirigenti”.