Se vuoi capire i meccanismi che generano abitudini, devi seguire i soldi. Dove vanno e dove si fermano. E San Giovanni Rotondo è una Repubblica indipendente che, a differenza di quella vera,
quella di San Marino, sta invece dentro una bolla. Padre Pio a volte sorride con le braccia aperte e i palmi verso l’alto, in una benedizione invocata e replicata sulle infinite statue e miniature in cui si è riprodotto. Altre volte ha il capo chino e le mani giunte. E prega.
Carousel Banner 1
Carousel Banner 1
Carousel Banner 2
Carousel Banner 2
La pregheria qui, come il Santo, è trasversale. Serve a garantirsi il paradiso, che per alcuni è in cielo, per altri in terra. La narrazione di San Giovanni Rotondo è difficile, perché è il viaggio dentro e sotto un paese imploso, che si è dato regole sue e che le ha estremizzate fino a generare storture del sistema. Alcune ereditate dal passato. Sono gli scheletri di questi alberghi-hotel-pensioni dove non dorme mai nessuno. Altre nuove. E sono le villette e gli appartamenti che – dopo le strutture ricettive – si sono mangiate la terra. La casa qui più che altrove è uno status e dice chi sei. Non una. Ma almeno due. Per i figli. E’ la cultura della cubatura. Si sale. E si costruisce sopra. In barba a piani regolatori e in barba a una qualunque idea del bello. Villino a schiera batte casa antica recuperata. Televisore di ultima generazione, in casa, batte libreria. Vita notturna, in città, batte vita culturale.
Perché? Perché sembra che manchino completamente le zone cuscinetto. Le vie di mezzo. Quelle che tengono insieme una comunità. La Casa Sollievo della Sofferenza è la fabbrica che genera economia e benessere. E anche sicurezza occupazionale. Le famiglie hanno almeno due entrate fisse. Questo agio va consumato. I soldi messi in circolo. San Giovanni risponde a questa sollecitazione attraverso una classe politica che si riesce a far eleggere perché promette di fare contenti. Di assecondare quelli, di bisogni. I quattro campi da padel, i ristoranti di sushi, il cinema. L’offerta della città aumenta e diversifica la proposta. Non c’è il racket, ma c’è la droga. La cocaina si consuma quanto lo champagne. A fontane. By night. By day. Sempre. In un’idea di sfregio della misura. In un’idea del possibile, alimentata dalla sponda della classe amministrativa, che non frena, ma avalla. Aiuta. Incoraggia. Sostiene.
E così le chiese diventano cattedrali. La nuova cattedrale qui si chiama BCC. Verde come le banconote da cento. Verde come la chiesa di Renzo Piano. Ma a differenza di quella enorme conchiglia, questa non resta vuota. Si sgomita per entrare nel consiglio. E’ qui che si comanda davvero, più che a Palazzo di Città. Questo è il vero palazzo del potere.
Un potere che va amministrato, proprio come i soldi. Ma mentre la politica ha ormai perso ogni capacità di poter dire no e deve accontentare logiche personali senza meta, visione o progettualità, perché ha promesso, ha avuto e ora deve dare, la banca ha in mano un potere che gestisce. Allora nutre e fa crescere alcuni. Affama altri.
E costruisce regni nuovi.
Il pusher. “Non sono un consumatore. Lo faccio solo per guadagnare. Porto a casa almeno duemila euro, con i clienti abituali”
Un insospettabile. Età media. Classe media. Vita media. Ma stipendio triplicato. Perché lui arrotonda con le consegne a domicilio. L’ordine lo riceve su Telegram, piattaforma messaggistica ritenuta più sicura e meno criptabile. La richiesta è di un piatto di pasta o di una pizza, a volte di un primo o di un secondo.
Siamo a San Giovanni Rotondo, il paese delle quattro c. Quelle c, prima indicavano i Cappuccini, la Casa Sollievo della Sofferenza, la Cassa Rurale e il Comune. Ora le c sono diventate cinque. E la quinta è la cocaina.
Qui la pandemia e il lungo periodo di isolamento, della cocaina, ne hanno migliorato la qualità e aumentato il consumo. E chi queste piazze le gestisce, anche se è solo un pesce piccolo, oggi se la passa bene.
Un runner della coca. Che consegna a casa. Che è affidabile. E che ha la merce buona. “Nessuno si sente male con la roba che gli procuro io”, dice. “Perché se le persone stanno male, non comprano più. E se stanno molto male da finire in ospedale, io finisco nei guai”.
Accetta un incontro, con la promessa di mantenere la sua identità schermata.
Accetta l’incontro, perché tanto, dice “Lo sanno tutti che a San Giovanni Rotondo la droga gira assai”. Ma San Giovanni, puntualizza lui, non è una piazza in cui la droga la vengono a comprare da fuori. “Questa è una piazza di smercio, dove si va fuori a comprarla e si porta qui per venderla e consumarla”.
Al di là dei grossi giri, c’è il consumo al dettaglio, che i grossisti lasciano fare, purché si rispettino le regole. Ognuno si cura la sua clientela, che qui per la maggior parte dei casi è divisa per status e professione. I terminali di questo traffico, colleghi del nostro informatore, si riforniscono prevalentemente nelle periferie di San Severo e di Cerignola. Qualcosa arriva anche da Vieste, attraverso le famiglie che storicamente detengono il grosso del mercato. Ma li lasciano campare.
“Il picco del consumo e della vendita lo abbiamo raggiunto nel periodo del lock down – ci dice. Quando la gente era in casa e aveva per diversi motivi più spesso necessità di dosi. E’ stato allora che ho iniziato a effettuare consegne a domicilio. Mi scrivono su Telegram, simulando l’acquisto e la consegna di cibo, con poche parole che in breve tempo sono diventate abituali e si sono consolidate. Una pizza vuol dire meno grammi, un secondo un po’ di più, un primo è una bella porzione abbondante. Io da solo ho consegnato anche settanta e sono arrivato anche a ottanta dosi a settimana”.
E se vi state chiedendo quali sono i clienti che si fanno consegnare la cocaina – perché qui solo di quella parliamo – la risposta è che il consumo è trasversale. “La vuole l’operaio, l’impiegato, il medico, l’avvocato, le coppie che convivono, i mariti e le mogli. Tutti. Anche se nell’ultimo periodo il settanta per cento delle richieste arriva dalle donne. E hanno un’età compresa dai diciotto anni fino ai settanta, sessanta cinque”.
Non è mai troppo presto, né mai troppo tardi, insomma, per iniziare. E il lock down oltre ad aumentare il volume d’affari, ha anche migliorato la qualità della cocaina sul mercato. “Abbiamo avuto problemi a tagliarla. C’è chi la taglia con ammoniaca, chi con prodotti per i bambini, chi usa altre sostanze, che in quel periodo erano meno reperibili e così molto spesso l’abbiamo consegnata meno tagliata. Questo ha garantito una qualità più alta, anche se ne ha ridotto la quantità. Ma alla fine, se è buona, tu spendi sempre cinquanta o settanta o ottanta euro. Ne avrai di meno, ma non sentirai la mancanza di qualche grammo, perché sarà migliore. Il servizio di consegna a domicilio non è incluso nel prezzo. Va pagato come extra. O scalato dalla quantità. E anche su quello, durante il periodo di lock down i guadagni si sono impennati”.
Il nostro pusher da questa sua seconda attività, porta a casa di base duemila euro al mese netti. Puliti.
“Non mi faccio scrupoli di pseudo moralità, perché è una libera scelta del consumatore. Se non la comprano da me, la prendono da altri. Non ne sento la responsabilità morale. Ognuno è libero di fare quello che vuole”.
Lui ha solo una regola. Non diventare un consumatore abituale. Mai più di una o due volte all’anno.
“Altrimenti i miei soldi finirebbero tutti nell’acquisto. Io lo faccio per guadagnare, non per drogarmi. Sia chiaro”. Che il consumo sia elevato e di dominio pubblico è chiaro. Perché quando non avviene la consegna a domicilio, capita che il cliente se la vada a prendere direttamente. “Ci sono alcuni bar, quattro o cinque almeno, in cui la lasciamo pronta al consumo in bagno. Una striscia. Due. Tre. A seconda della richiesta. E il cliente quando esce dal bagno, passa alla cassa e lascia tutto. Paga sia la consumazione del bar, che quella del bagno. Poi dopo barista e cassiere ci portano la nostra parte di soldi”.
Zone Transition
Zone Transition
Ormai non ci sono trend. Non è più solo un’abitudine del sabato o del fine settimana o delle serate di festa. “Può capitare tanto il sabato o il venerdì, quanto durante la settimana. O per una cena. Magari per una festa privata. Certo, per rispondere a queste richieste così numerose, il rischio di farsi beccare con un quantitativo elevato addosso o in casa c’è. Sono attento. Mi rifornisco del giusto e spesso. Ogni giorno un po’, così non rischio mai di restare senza e di perdere clienti e nemmeno di farmi trovare con grossi quantitativi. E quando fiuto aria di controlli ne assumo un po’. Un po’ per liberarmene, un po’ per poter dire che è per uso personale”.