Sarebbe stato Nicola Lorusso, redattore dell'ufficio stampa della giunta regionale, a informare Mario Lerario della presenza di cimici negli uffici della Regione, tanto che il dirigente fece disporre una bonifica.
Si allarga, dunque, l’inchiesta della procura di Bari su presunte tangenti all’ex capo della Protezione civile, in carcere dal 23 dicembre per corruzione, che coinvolge almeno altre sette persone, il funzionario della Regione Antonio Mercurio e sei imprenditori (tra cui il foggiano Luca Leccese) e che ipotizza accordi corruttivi per l’affidamento di appalti milionari legati soprattutto all'emergenza, come la realizzazione dell'ospedale Covid nella Fiera del Levante di Bari.
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Gli inquirenti, intercettando Lerario nel suo ufficio della Regione, hanno scoperto il tentativo degli indagati di “eludere le investigazioni della polizia giudiziaria” facendo rimuovere microcamere e microfoni.
Il giornalista, indagato per concorso in rivelazione e utilizzazione di segreto d'ufficio e favoreggiamento personale, sarebbe stato informato da un pubblico ufficiale non identificato dell’esistenza di un decreto che autorizza intercettazioni ambientali in tre uffici e lo avrebbe poi rivelato a Lerario.
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“Si tratta di un colossale malinteso. Nel pieno rispetto delle attività di indagine ci auguriamo di poter chiarire nel più breve tempo possibile”, ha dichiarato a Repubblica l'avvocato Cristian Di Giusto, difensore di Lorusso.