Decaro si presenta davanti alle telecamere con 23 faldoni: “Un atto di difesa della città contro la criminalità”

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A giudicare dal clima che ieri si respirava in città, sembrava che nella notte sul Municipio in corso Vittorio Emanuele fosse esplosa una bomba. Ma questa volta a orologeria dopo l’inchiesta che il 26 febbraio scorso con l’arresto di 130 persone ha svelato il reiterato tentativo della mafia di infiltrarsi nella amministrazione locale. In parte c’era riuscita attraverso sodali dai colletti bianchi. Come l’ex consigliere regionale Giacomo Olivieri, attualmente rinchiuso nel carcere di Brindisi e la consorte Mary Carmen Lorusso che ai domiciliari ha avuto il tempo di cancellare il suo profilo Facebook dove si faceva immortalare con abiti e borse da 6mila euro nelle località più chiccose insieme col marito. Sempre in viaggio a godersi la bella vita ma forse con i soldi provenienti da operazioni di alta ingegneria finanziaria che vagavano da un conto all’altro tra assegni e trasferimenti di denaro di dubbia provenienza. Il primo cittadino Antonio Decaro nell’aula consiliare non si fa attendere. Al suo ingresso porta con sé una ventina di fascicoli. Gli stessi che l’altro ieri aveva consegnato al Prefetto prima ancora che il ministro Piantedosi gli comunicasse che era stata nominata una commissione di accesso agli atti per verificare se ci sono i presupposti per lo scioglimento del consiglio comunale. 

La trama del film è identica a quella che è accaduto in quel di Foggia ma nel capoluogo regionale la vicenda sembra appesantita dall’inchiesta partita nel 2019. Il primo cittadino presidente Anci si è fatto portavoce di una modifica della legge in cui è previsto che il Ministero dell’Interno insieme al Consiglio dei Ministri decide se sciogliere o no un Comune indipendentemente dalla relazione che viene fatta da funzionari amministrativi e non da magistrati. E’ un aspetto che Decaro sottolinea consapevole che qualcosa nei meccanismi legislativi non funziona e che si corra il rischio di politicizzare vicende come quella di Bari. 

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Il pensiero è unanime da parte di tutto il centrosinistra che ha fatto quadrato attorno a Decaro lanciando strali nei confronti di Piantedosi al quale si attribuisce la responsabilità di una decisione sollecitata nel suo ufficio dal viceministro alla Giustizia, Francesco Paolo Sisto e da Mauro Dell’Atti vicepresidente della commissione parlamentare antimafia. Quello di Bari diventa un caso politico di portata nazionale. Da Schlein a Calenda, da Serracchiani ai parlamentari pugliesi del Pd il coro è unanime per corroborare quell’“atto di difesa della città” che il Sindaco definisce davanti alle telecamere di mezzo mondo. 

Il primo cittadino sfoglia i fascicoli ed elenca tutti i provvedimenti che la sua amministrazione ha preso negli anni contro la malavita organizzata. I nomi sono i soliti ma si comprende bene come il contrasto alla criminalità organizzata è una battaglia aperta. Decaro elenca la “guerra delle fornacelle” per il predominio delle aree di vendita durante la festa di San Nicola, i tentativi di estorsione messi in atto dai componenti dei clan, l’annullamento dei concerti di Tommy Parisi, il cantante neomelodico figlio del boss Savinuccio. E poi ancora i tentativi di estorsione ricevuti direttamente durante le festività natalizie: “Dacci 2.000 euro o bruciamo l’albero di Natale”. Decaro li ha denunciati tutti compreso uno dei nipoti del boss Capriati. 

Non mancano le pressioni della malavita sul Consorzio mercatale di Corso Mazzini: “Un operatore mi ha portato dei proiettili messi dove c’è l’allaccio Enel per il montaggio delle videocamere. In quel video postato su Facebook li ho definiti parassiti. Sapete dove ve li potete mettere, lucrate sul lavoro della povera gente…”. Tra le carte esibite dal sindaco anche la revoca dell’affidamento al Consorzio di via Mazzini a causa di enormi pressioni dei gruppi criminali per l’assunzione di persone vicine al clan Strisciuglio. 

Ma ci sono anche le battaglie per il controllo delle spiagge cittadine, da Torre Quetta a Pane&Pomodoro gestite dai Parisi e poi sottratte a suon di carte bollate. Nella narrazione ci sono anche le pescherie di San Giorgio. La voce di Decaro a tratti è rotta dall’emozione: “Una azienda vittima di sequestri e rapine. Due soggetti erano del clan Parisi che si erano fatti assumere per estorsione”. Nei documenti anche le 19 costituzioni di parte civile del Comune per togliere risorse e il territorio, una operazione che va fatta guardando i delinquenti in faccia: “A Bari ci sono 14 clan criminali ma li devi sfidare a viso aperto anche se non è facile sedersi in un aula bunker”. Il sindaco nella lunga elencazione dei fatti torna a parlare di alcuni personaggi della vita politica cittadina: “Olivieri - esclama - l’ho cacciato io dalla Multiservizi quando sono diventato sindaco e come amministrazione abbiamo presentato decine di querele e denunce chiedendo la restituzione di milioni di euro”. 

Sul voto di scambio Decaro sottolinea: “Succede anche da noi”, ricordando un episodio del marzo 2019 quando un cittadino gli riferì che era stato avvicinato per dare il voto a candidati del centrosinistra in cambio di 40 euro: “E’ venuto da me e l’ho accompagnato in Questura per le denunce. Si trattava di persone che votavano per me, per il centrosinistra”. Ripercorrendo la vicenda degli ultimi arresti risalenti al 26 febbraio scorso Decaro ha detto: “Erano candidati con l’altra parte politica. Qui c’è il flirt di Forza Italia con Olivieri e Canonico. Sono stati D’attis e Sisto a fare un accordo elettorale. Voglio ricordare che con Canonico c’era la Ferri arrestata lo scorso anno”. “Evidentemente - spiega Decaro che torna a parlare della nomina della commissione da parte del Ministro Piantedosi - c’era un disegno ben preciso in ordine alle richieste di convocazione della commissione antimafia nazionale e successivamente di quella regionale. Sono sotto scorta da 9 anni”. 

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“Se c’è un minimo sospetto su di me allora rinuncio alla scorta. Non posso essere considerato un Sindaco antimafia mentre poi nominano dei commissari per verificare se ci sono state infiltrazioni mafiose. Sono contento dell’inchiesta fatta dalla Procura, ma quel giorno il procuratore Rossi ha parlato di fenomeno parziale e circoscritto, il Comune si è sempre difeso dal rischio di infiltrazioni mafiose. E continuerà a farlo. Costi quel che costi”.

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