L’inchiesta da cui nasce la decisione del Viminale di nominare una commissione d’accesso per valutare l’eventuale infiltrazione criminale nell’amministrazione comunale di Bari fa riferimento a un presunto intreccio tra mafia, politica e affari e al tentativo di condizionare il voto alle ultime elezioni Comunali (maggio del 2019) vinte dal centrosinistra, che sosteneva il sindaco uscente Antonio Decaro. Le infiltrazioni avrebbero raggiunto anche la municipalizzata del trasporto urbano barese Amtab, che è stata sottoposta ad amministrazione giudiziaria per un anno. Il 26 febbraio scorso le indagini della Direzione distrettuale antimafia hanno portato all’arresto di 130 persone legate ai clan e in particolare all’arresto (ai domiciliari) di una consigliera comunale eletta col centrodestra (e poi passata al centrosinistra), Maria Carmen Lorusso, e di suo marito (in carcere), l’avvocato Giacomo Olivieri, ex consigliere regionale. Olivieri sarebbe stato il motore di accordi con i clan mafiosi Parisi, Montani e Strisciuglio per far eleggere la moglie grazie alla compravendita di voti. Entrambi i coniugi non hanno risposto alle domande del gip dopo gli arresti, ma si sono detti pronti a “chiarire tutto” una volta lette le carte.
Nell’ottobre del 2022, dunque quasi un anno e mezzo fa, un’altra consigliera comunale di Bari, sempre eletta nel centrodestra (lista Di Rella sindaco), Francesca Ferri, era stata arrestata ed è ora a processo con il suo compagno Filippo Dentamaro e l’ex consigliere regionale (imprenditore e presidente del Foggia calcio) Nicola Canonico per presunto voto di scambio sempre in quella tornata elettorale a Bari e nel vicino comune di Valenzano. Sono accusati di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione elettorale per le elezioni di Bari e di scambio elettorale politico-mafioso quelle di Valenzano. Tornato all’inchiesta più recente, Lorusso fu effettivamente eletta con la lista Di Rella sindaco (centrodestra). Secondo l’accusa, Olivieri avrebbe versato danaro ad esponenti dei clan mafiosi, promesso posti di lavoro e buoni benzina. Per favorire l’elezione della Lorusso, si sarebbe mosso anche il padre, l’oncologo Vito Lorusso, già indagato per concussione e peculato e nuovamente arrestato in questa inchiesta che avrebbe a sua volta stretto un accordo con Massimo Parisi, fratello del boss Savinuccio: in cambio dei voti alla figlia avrebbe curato un nipote del capoclan, poi deceduto.
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In tandem con Lorusso correva il candidato Michele Nacci (primo dei non eletti della lista Di Rella sindaco), che avrebbe legami famigliari con pregiudicati ed esponenti di spicco del clan di Andrea Montani. In cambio di danaro e di un posto di lavoro, anche il clan Strisciuglio si sarebbe mobilitato per Olivieri. Nell’inchiesta sarebbe anche indagata, sempre per voto di scambio, un’assessora regionale del Pd, Anita Maurodinoia. Nella maxi inchiesta sono finiti in carcere presunti affiliati mafiosi, il cantante neomelodico Tommaso Parisi, figlio dell’indiscusso boss barese Savinuccio Parisi. Sono state sottoposte ad amministrazione giudiziaria per un anno per infiltrazioni mafiose la municipalizzata del trasporto urbano barese Amtab spa e la Maldarizzi automotive spa, società sulle quali i clan avrebbero esercitato la propria forza criminale ottenendo posti di lavoro.
L’indagine ha svelato anche le presunte combine ordinate dai clan sulle partite di calcio Corato-Fortis Altamura (del 30 aprile 2017 e del 7 ottobre 2018). In occasione della conferenza stampa per illustrare l’indagine, il procuratore di Bari Roberto Rossi ci tenne a escludere il coinvolgimento del sindaco Decaro. “Quando si parla di condizionamento elettorale - sottolineò - si rischia di pensare che tutto sia inquinato. C’è stata una parziale e circoscritta attività di inquinamento del voto all’interno delle comunali su cui l’amministrazione ha saputo rispondere” e “abbiamo accertato l’insussistenza del coinvolgimento del sindaco Decaro”. Pochi giorni dopo ritornò sul concetto in occasione della firma di un protocollo d’intesa al Comune ringraziando l’amministrazione comunale di Bari per la “grandissima collaborazione data alla Procura per raggiungere importanti risultati sulla legalità. L’amministrazione comunale è stata costante nell’aiutare gli inquirenti a liberare questa città”.
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In relazione al provvedimento di accesso ispettivo nei confronti del Comune di Bari, di cui ha dato notizia il sindaco e che ha sollevato le reazioni del mondo politico del centrosinistra a partire dalla segretaria nazionale Elly Schlein, il ministero dell’Interno ha precisato che “lo stesso si è reso necessario in esito a un primo monitoraggio disposto dal Viminale circa i fatti emersi a seguito dell’indagine giudiziaria che ha portato a più di 100 arresti nel capoluogo pugliese e alla nomina, da parte del Tribunale, ai sensi dell’art. 34 del codice antimafia, di un amministratore giudiziario per l’azienda Mobilità e Trasporti Bari spa, interamente partecipata dallo stesso Comune”. Il Viminale in una nota ha precisato inoltre che “l’accesso ispettivo, disposto ai sensi di specifiche previsioni di legge, a Bari come in altri diversi enti locali per analoghe circostanze, non è pregiudizialmente finalizzato allo scioglimento del Comune bensì a un’approfondita verifica dell’attività amministrativa, anche a tutela degli stessi amministratori locali che potranno offrire, in quella sede, ogni utile elemento di valutazione”.