Nel giro di poche ore sono intervenute ben due sentenze della giustizia amministrativa inerenti il sipontino Francesco Romito e la sua Bar Centrale sas, titolare del ristorante “Guarda che luna” situato sulla scogliera di Manfredonia, in località Acqua di Cristo. Il ristorante è di fatto gestito da Michele Antonio Romito, padre di Francesco e fratello dei boss Mario Luciano e Franco, uccisi in agguati di mafia.
Il “Guarda che luna” è chiuso a seguito dell’interdittiva antimafia dello scorso 4 febbraio, che ha determinato la revoca della concessione demaniale marittima. L’1 giugno scorso è stata pubblicata la decisione del Consiglio di Stato (assunta dopo l’udienza del 2 dicembre 2021, dunque prima dell’interdittiva antimafia) sul ricorso di Francesco Romito - rappresentato e difeso dagli avvocati Enrico, Francesco e Ilde Follieri – contro Comune di Manfredonia e Ministero della cultura, per la revocazione della sentenza del Consiglio di Stato del 2019.
Carousel Banner 1
Carousel Banner 1
Carousel Banner 2
Carousel Banner 2
La questione concerne il mantenimento della struttura tutto l’anno. Nel 2017 Romito aveva eseguito alcuni interventi da lui definiti come minimi di manutenzione straordinaria leggera su un preesistente immobile per il quale era già stata ottenuta l’autorizzazione paesaggistica. Il Comune di Manfredonia ne aveva ordinato la rimozione con diffida. Si trattava di opere interne (apertura di un varco tra due zone) ovvero di ornamento dell’esistente (tende ombreggianti) e poste a sua protezione (recinzione). Romito, nel ribadire che non si era innovato nulla nella struttura, aveva presentato una CILA (Comunicazione di inizio lavori asseverata) in sanatoria accompagnata dal pagamento della sanzione prevista. Ma il Comune aveva poi sospeso la CILA per assenza dei presupposti, prescrivendo di chiedere autorizzazione paesaggistica per le opere e, in mancanza, di provvedere a rimuoverle. Per la Bar Centrale sas Palazzo di città sarebbe partito dalla CILA riguardante opere minori e avrebbe rimesso in discussione l’intera struttura e il giudicato intervenuto tra le parti, chiedendo di acquisire l’autorizzazione paesaggistica per il mantenimento della struttura per l’intero anno solare, provvedendo, nelle more, a rimuoverla per il periodo invernale.
L’impresa era ricorsa prima al TAR Puglia e poi al Consiglio di Stato, perdendo in ambedue i gradi di giudizio. La difesa di Romito aveva parlato di “abbaglio dei sensi”, visto che a suo dire l’impugnato atto del dirigente comunale Antonello Antonicelli non poteva disporre che debba essere acquisita l’autorizzazione paesaggistica per il mantenimento dell’intera struttura per tutto l’anno, essendo già intervenuto il nulla osta paesaggistico per la struttura, riducendosi la questione alle sole opere successive. Per tale ragione la Bar Centrale sas aveva chiesto la revocazione della sentenza del Consiglio di Stato del dicembre 2019 per palese errore di fatto e l’accoglimento dell’appello, annullando l’atto del dirigente comunale nella parte relativa all’affermazione che occorre rimuovere l’intera struttura nel periodo invernale.
Ebbene, in questo giudizio ora arrivato a sentenza Follieri hanno dapprima chiesto l’astensione di un consigliere, istanza negata (“non sussistono i presupposti”); poi hanno affermato che la sentenza del giudice di appello non avrebbe considerato l’autorizzazione paesaggistica del 2009 rilasciata dal Comune, autorizzazione poi annullata dalla Soprintendenza la cui decisione fu a sua volta annullata dal TAR Bari nel 2012, il che avrebbe comportato la reviviscenza dell’originario atto. Tale circostanza troverebbe conferma anche nell’esito della vicenda penale svoltasi davanti al Tribunale di Foggia la cui sentenza di assoluzione del 2020 avrebbe efficacia di giudicato anche in sede di giustizia amministrativa.
Ma il Consiglio di Stato ha valutato diversamente la questione: “E’ stato modificato l’esistente, creando un nuovo manufatto (che comprende anche il preesistente) dal punto di vista paesaggistico. L’autorizzazione paesaggistica deve valutare nella sua interezza e all’attualità il bene oggetto della richiesta: non è ipotizzabile una somma di autorizzazioni paesaggistiche riferibili ad un medesimo immobile (fermo restando che Bar Centrale sas, allo stato, non è in possesso dell’autorizzazione per le opere oggetto di CILA)”. Ecco perché il ricorso per revocazione è stato respinto in quanto “inammissibile” con compensazione delle spese di giudizio.
Appena poche ore prima, il 30 maggio, è stata invece pubblicata la sentenza del TAR Puglia su Bar Centrale sas, assistita ora dagli avvocati Francesco e Sonia Cardarelli, contro Prefettura e Viminale per l'annullamento delle note con cui l’UTG il 9 e il 15 dicembre 2021 negò l'accesso agli atti istruttori confluiti nel procedimento finalizzato all'adozione dell'interdittiva antimafia (arrivata a febbraio) e per il conseguente accertamento del diritto di accesso agli atti e documenti istruttori. La questione è stata discussa nella camera di consiglio del 25 maggio scorso. I Romito aveva ricevuto comunicazione di avvio del procedimento finalizzato all’adozione dell’interdittiva antimafia e avevano domandato di poter prendere visione ed estrarre copia del verbale della riunione del Gruppo ispettivo antimafia tenuto il 30 novembre 2021”.
La Prefettura respinse tale richiesta affermando che la documentazione acquisita in sede istruttoria appartiene alla categoria degli atti sottratti al diritto di accesso in quanto inerente l’attività di prevenzione e repressione della criminalità. Il procedimento relativo al rilascio dell’informazione antimafia si è concluso con l’interdittiva del 4 febbraio, che ha ritenuto sussistente “un quadro indiziario della presenza di possibili situazioni di infiltrazioni mafiose, tendenti a condizionare l’attività dell’impresa Bar Centrale sas”.
Zone Transition
Zone Transition
Contro l’interdittiva l’impresa dei Romito ha fatto ricorso al TAR chiedendo l’esibizione di tutti gli atti istruttori confluiti nel procedimento. In sede cautelare, è stata disposta l’acquisizione dei verbali delle riunioni del G.I.A. e gli atti relativi all’interdittiva. La documentazione è stata depositata dall’UTG il 29 aprile, ragione per cui adesso il TAR ha dichiarato il ricorso improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse. Le spese sono state compensate ma il TAR ha respinto la richiesta di cancellazione di espressioni sconvenienti ed offensive avanzata dai Romito in relazione alla pretesa offensività della locuzione “noto esponente dell’omonimo gruppo criminale”, riferita al padre del rappresentante dell’impresa, Michele Antonio Romito, “in quanto è meramente ripetitiva di quella rinvenibile nel provvedimento interdittivo”.