Dopo 39 giorni di detenzione ai domiciliari, è tornato in libertà Beniamino Amorico, l’ormai ex comandante della polizia municipale di Lucera, visto che egli stesso, dopo il suo arresto, aveva subito chiesto di essere spostato ad altra mansione all’interno della struttura tecnica dell’ente.
Dal 10 maggio scorso risultava anche sospeso dal servizio in relazione alla sua custodia cautelare, ma con la revoca disposta dal gip lunedì mattina si è conseguentemente presentato a Palazzo Mozzagrugno, in cerca di un nuovo incarico da svolgere, senza che però gli sia stato effettivamente assegnato.
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In effetti anche prima del termine della giornata di lavoro è di fatto partito per lui un periodo di ferie che si protrarrà per alcune settimane, o perlomeno fino a quando non saranno meglio definite le sue posizioni di carattere giudiziario e disciplinare.
Il mese di luglio dovrebbe essere infatti quello decisivo per la sua duplice sorte: per il 12 luglio è stata fissata l’udienza preliminare in cui dovrà essere anzitutto discussa la sua richiesta di patteggiamento, concordata con il pubblico ministero a un anno e dieci mesi, che quindi avrà bisogno dell’assenso da parte del gup, il quale potrebbe comunque opporsi alla soluzione prospettata, oppure proporre una pena diversa e ritenuta più congrua.
A fine mese, invece, si conosceranno molto meglio gli sviluppi del lavoro di acquisizione di informazioni da parte della commissione comunale chiamata a decidere sulla sua posizione di dipendente dell’ente. I componenti Raffaele Cardillo (presidente), Serafina Croce e Francesco Grasso hanno avviato il procedimento che prevede quattro fasi, al termine del quale il pronunciamento potrebbe variare dal nulla di fatto al licenziamento, sulla base degli elementi già evidenziati dalla procura e anche su quanto già compiuto dallo stesso Amorico che ha “risarcito” economicamente l’ente per il periodo di servizio per il quale si sarebbe assentato senza giustificazioni e quantificato in nove giorni lavorativi.
Tra le cause previste dai codici disciplinari che prevedono la conseguenza più grave del licenziamento c’è proprio la falsa attestazione della presenza in servizio e/o l’assenza ingiustificata per un periodo superiore a tre giorni o la condanna penale definitiva per reati per i quali è prevista l’interdizione dai pubblici uffici.
L’esecuzione dell’operazione “Doppio Alfa” è stata condotta della Fiamme gialle. La sua fase “pubblica” è cominciata il 23 settembre dell’anno scorso con il sequestro dei due telefonini di Amorico (poi restituiti), una prima perquisizione negli uffici della polizia municipale, l’acquisizione di documenti alla sede centrale di Corso Garibaldi e l’ascolto di alcuni amministratori come persone informate sui fatti, come il Sindaco Giuseppe Pitta e l’assessore al Personale Alfonso Trivisonne. Nell’inchiesta sono coinvolte altre cinque persone che risultano indagate per concorso in truffa al Comune, poiché beneficiari (diretti o indiretti) dell’annullamento di una multa generata dalla violazione della zona a traffico limitato.
Oltre alla truffa, le accuse più pesanti restano sempre quelle del peculato e del falso ideologico, sia per l’uso della vettura di servizio fuori dal contesto lavorativo, con escursioni in altri comuni o anche in località marittime, che per dichiarazioni volte a favorire amici e conoscenti.
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Altro fronte piuttosto delicato resta quello di una presunta violazione della privacy, dovuta alla diffusione via chat, a persone senza titolo, dell’elenco dei positivi al Covid rilevata dalla procura dopo l’analisi dello smartphone. Su questa specifica vicenda ci potrebbe essere dei risvolti animati da chi si sarebbe sentito danneggiato da quella che il pm ha classificato come violazione del segreto di ufficio, accusa piuttosto grave quando si tratta di dipendenti pubblici per di più di grado elevato e con incarichi di comando.