“Si avvia alla conclusione, anche in una provincia ormai abbandonata al suo destino - scrive l’ex Sindaco di Manfredonia, Angelo Riccardi -, una campagna elettorale dove le questioni di fondo ed i nodi del malessere che ci attanagliano da tempo, sono stati del tutto dimenticati. Non solo non si ha il coraggio di ammettere pubblicamente che siamo nelle mani della mafia e della criminalità, ma lì dove ci sono stati comuni sciolti per paventate infiltrazioni, come a Manfredonia, alcuni personaggi, con evidenti scheletri nell’armadio,
invece di tirare fuori gli attributi ed indicare sul piano politico le strade da percorrere affinché la nostra terra possa sottrarsi al malaffare, facendo anche espliciti riferimenti ai clan e ai loro affari, si permettono il lusso di prendersela con gli sciagurati (a loro dire) amministratori macchiati da provvedimenti palesemente incostituzionali, nati sulla spinta emotiva delle stragi di Capaci e di via d’Amelio nei 57 giorni che nell’estate del 1992 cambiarono la storia dell’Italia”.
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“Questi politici di carriera, unicamente per un proprio tornaconto personale - continua Riccardi con riferimento abbastanza chiaro ad alcuni ex compagni del PD -, fanno credere agli elettori che i veri mafiosi non sono i criminali, ma gli amministratori locali, incappati nell’assurda disposizione legislativa art. 143 del TUEL, che ha permesso a governi di diverso colore politico, con discrezionalità assoluta, di bollare persone ed intere comunità come mafiose”.
“Questi stessi politici - continua l’attuale fiduciario di Michele Emiliano nel settore ambientale -, anziché interrogarsi sugli ultimi avvenimenti che hanno visto una sparatoria nel luna park di Manfredonia ed un giovane di 20 anni brutalmente ammazzato da un suo coetaneo ad Ortanova, e sulla lunga scia di sangue degli ultimi anni in tutta la provincia di Foggia, invece di porsi il tema del ruolo della famiglia, della scuola e della chiesa e di come riannodare i fili spezzati di un dialogo ormai inutile, retorico ed inconcludente, si gettano nella più comoda caciara della diffamazione e della denigrazione dell’avversario, utilizzando un termine che è come incidere a fuoco sulla carne delle persone la parola “mafioso”, con tutto quello che un timbro del genere causa non solo all’interessato, ma alla sua famiglia, alle sue relazioni e anche alla sua esistenza. A tal proposito è utile ricordare che quasi la totalità degli amministratori coinvolti non è stata mai raggiunta da alcun provvedimento giudiziario”.
“Se vogliamo stare ai numeri di questa insana pratica degli scioglimenti, nessuno può chiamarsi fuori, nel 2021 dei 14 comuni sciolti per mafia il 57,1% sono liste civiche, il 14,3% Centro-Destra ed il 28,6% di Centro-Sinistra. In Capitanata, invece, si passa tutti per mafiosi, al servizio delle bande criminali, con la complicità di certi libri e giornali che offrono una narrazione sensazionalista del ruolo dei politici ingiustamente coinvolti. Abbiamo bisogno di uno Stato capace di individuare problemi e responsabilità quando esistono veramente e non per buttare fumo negli occhi della gente, alimentando i mezzi di informazione con operazioni di propaganda”.
“Lo scioglimento dei Consigli si presenta come un’operazione salvifica che, come tutte le operazioni imposte dallo Stato, senza una chiara capacità comunicativa e di presenza credibile, non sortisce gli effetti che promette. Al contrario produce danni irreversibili alle persone e alle economie delle comunità coinvolte con una forza incredibile, senza che si poggi su alcun plausibile fondamento giudiziario. Sia chiaro ai tanti moralisti che non esistono enti sciolti per mafia che, dopo la presenza inutile dei commissari, siano stati bonificati (anche lì dove c’erano per davvero) dai condizionamenti mafiosi. Lo scioglimento è un provvedimento infame, che scatta su ricostruzioni anonime appositamente propinate da avversari politici, da parentele e frequentazioni spesso raccontate e riportate nelle relazioni delle commissioni di accesso in modo da creare un collegamento di fatto senza alcun indizio. È un meccanismo assurdo che un paese civile non si può permettere. Lo scioglimento per mafia macchia intere città, ma evidentemente fa troppo comodo alla politica, unica beneficiaria di questa soluzione assolutamente inutile adottata dallo Stato. I veri mafiosi, intanto, continuano tranquillamente nei loro loschi affari”.
Zone Transition
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“Io non sono mafioso - termina Riccardi - e lo dirò finché avrò la forza di farlo e sento il dovere di esprimere la mia solidarietà personale a tutti gli ex amministratori che in questi giorni sono stati bersagli vergognosi di certa politica, incapace di dare risposte concreti ai problemi della gente.
Attenzione, però, perché la ruota gira per tutti ed anche velocemente”.