Pericardite, diagnosi di una condizione tutt’altro che rara. Attenzione a cambi di stagione e a fattori di stress

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Di recente si sente spesso il termine pericardite, patologia provocata da infezioni virali (echovirus, coxackie virus, enterovirus, adenovirus), le stesse che causano le comuni infezioni delle prime vie respiratorie o le gastroenteriti; più raramente è causata da batteri, funghi o parassiti. Ma ci può essere anche un'origine non infettiva e, inoltre, può rappresentare anche la complicanza di un'influenza. In estate i virus non vanno in vacanza ma, tra l’altro, occorre prestare attenzione ai forti sbalzi di temperatura (caldo-freddo). A l’Attacco entra nel merito Daniela Casella, cardiologa, specialista ASL FG per gli ambulatori di cardiologia di Foggia, Manfredonia, Cerignola e Lucera: “La pericardite è l’infiammazione del pericardio e può caratterizzarsi da un eccesso di liquido pericardico (versamento pericardico), una struttura a forma di sacco, costituita da due membrane, divise da un sottilissimo strato di liquido, che contiene e protegge il cuore”. 

“Esattamente come per il raffreddore, in cui la mucosa nasale si gonfia e essuda liquido nelle cavità nasali, anche il pericardio infiammato per una noxa qualsiasi, essuda siero aumentando il quantitativo di liquido intorno al cuore: qualora questo si formi velocemente e cospicuamente, tenderà a schiacciare dall'esterno le camere del cuore che accolgono il sangue refluo da circolo sistemico e polmonare, ovvero i due atrii. La condizione di sfregamento dei foglietti irritati e infiammati comporta dolore toracico, specie posizionale”. 

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La dottoressa Casella specifica che la malattia è frequente: “La condizione è tutt'altro che rara: basti pensare che il 5% degli accessi al pronto soccorso per dolore toracico è dovuto ad una pericardite. Essa è più frequente tra gli uomini di 20-50 anni, ma colpisce anche le donne. Negli ultimi anni c'è stato un aumento della patologia probabilmente in seguito all’incremento degli interventi di cardiochirurgia, alla migliore sopravvivenza dei pazienti dializzati e neoplastici e al diffondersi dell’infezione da HIV; ma anche per il più intensivo utilizzo di mezzi ecocardiografici molto sensibili, che permettono definizione delle immagini molto accurate”. 

Le forme sono due: “Si distingue una forma ‘acuta’, che compare improvvisamente e dura qualche settimana; mentre può diventare ‘cronica’ e durare più di 6 mesi (pericardite essudativa cronica), con produzione variabile di liquido, o trasformarsi in un processo infiammatorio che causa ispessimento pericardico e costrizione delle cavità cardiache (pericardite cronica costrittiva) – ha evidenziato la specialista -. Le pericarditi, specie le forme virali e idiopatiche (e tra queste quelle correlate a forme reumatiche non ancora diagnosticate) recidivano: dalle nostre osservazioni l’incidenza di recidiva è del 30-40%. Frequentemente tale recidiva si osserva negli stesi periodi dell'anno in cui maggiormente si osservano le pericarditi, ovvero nel cambio stagione, quando cambiamenti repentini di temperatura e le esposizioni ad aria condizionata, correnti di aria ed altro, favoriscono le sindromi da raffreddamento”. 

La diagnosi è chiara e semplice: “Si basa sulla presenza di almeno due-tre di alcune condizioni: dolore toracico tipico; sfregamento pericardico all'auscultazione; modifiche ECG suggestive; versamento pericardico (nuovo o in peggioramento) – ha specificato Casella -. La diagnosi definitiva viene formulata con la Risonanza Magnetica, in presenza di iper intensità dei foglietti con o senza versamento pericardico”. Se non si conosce una causa specifica per la recidiva, si conoscono quelle che provocano la pericardite. 

Zone Transition

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Ma la dottoressa Casella si sofferma su un’altra questione: “Una nota a parte vorrei farla per le cosiddette pericarditi correlate al Covid-19. Studi retrospettivi di confronto tra il periodo Covid e pre-Covid hanno dimostrato che non è stata osservata alcuna differenza per quanto riguarda l’incidenza di pericarditi acute tra i due periodi. Si fa molto parlare anche delle pericarditi post vaccinali relative alla vaccinazione Covid-19. I dati ufficiali, dicono che alla fine di maggio 2021, i casi di pericardite segnalati nell'area economica europea (EEA) erano: 126 (Comirnaty); 18 (Covid-19 Vaccine Moderna); 47 (Vaxzevria); 1 (Covid-19 Vaccine Janssen). L'esposizione nella EEA per ciascun vaccino era di circa 160 milioni di dosi per Comirnaty, 19 milioni di dosi per Moderna, 40 milioni per Vaxzevria e 2 milioni per Janssen. Dunque, un’incidenza reale delle pericarditi post vaccinali veramente rara, rispetto all'allarmismo pericardite-fobico cui abbiamo assistito in questi ultimi 18 mesi – ha concluso Daniela Casella -. Incidenza, quindi, molto spesso inficiata dalla co-esistenza di quadri di pericardite stagionale, normalmente riscontrata nel corso dell'anno, specie con il cambio stagione”. Le terapie devono essere seguite da uno specialista. 

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