E’ stata salutata come una innovazione, un’operazione virtuosa, un balzo in avanti della Puglia e del Mezzogiorno verso la reale applicazione dell’economia circolare. L’avvio dell’impianto di biometano di Modugno ha avuto il plauso di molti, a partire dal governatore Michele Emiliano che qualche giorno fa, alla cerimonia di inaugurazione della centrale ha affermato: “Gli impianti di compostaggio in Puglia dovrebbero essere di più.
Non sono inquinanti e sarebbero anche una grande fonte di entrata per i sindaci. Ma questi spesso si oppongono perché temono le puzze. Con l’intelligenza di un’impresa e il sostegno della Regione ora si riesce a trarre anche energia dai rifiuti sotto forma di gas che, per la prima volta, grazie al cambiamento delle regole, si potrà immettere in rete”.
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Non serve andare troppo indietro nel tempo per trovare un progetto molto simile a quello realizzato da Tersan anche in provincia di Foggia. Era il 2018 quando Maia Rigenera avviò l’iter per trasformare il vecchio impianto di compostaggio di Lucera in una modernissima centrale di produzione di biometano sfruttando la frazione organica dei rifiuti. Come raccontato accuratamente su queste colonne, quell’iniziativa diede vita ad un intenso dibattito pubblico ma dal punto di vista procedurale di fatto rimase lettera morta, nel senso che non partì neppure la conferenza dei servizi, il tavolo tra le istituzioni, impresa e parti interessate in cui si approfondiscono tutti gli aspetti del progetto. Semplicemente la pratica è caduta nel vuoto. Oggi che tutti plaudono al via dell’impianto Tersan (il cui progetto è stato presentato quasi contemporaneamente a quello di Maia) c’è da chiedersi: non aver avuto la centrale a Lucera è stata un’occasione persa?
“Assolutamente sì”, la risposta netta di Gian Maria Gasperi, esperto della materia, da oltre 30 anni consulente, formatore e general manager in campo energetico ed ambientale, impegnato in attività di ricerca e avviamento di produzioni green di energia.
“Il nuovo assetto societario di Maia – ha aggiunto Gasperi - offre una garanzia di competenza e quindi di capacità di gestione di impianti che comunque rimangono complessi ma che possono essere affrontati tranquillamente se c'è un know how nel settore energetico e industriale, come nel caso di Fortore Energia (l’azienda socia in Maia e che fa capo all’imprenditore Antonio Salandra, ndr). Ma c'è un'altra questione che occorre concepire, nel caso di quell'impianto noi avremmo avuto la possibilità di aprire la strada al biometano: abbiamo altri impianti a biogas in provincia di Foggia, quello di Caione da un MW di potenza, ce n'è un altro abbastanza grande, di recente raddoppiato, a Trinitapoli, quello di Michele Ruberto a Manfredonia e uno più piccolo a Rignano Garganico. Questi potrebbero essere tranquillamente trasformati da biogas a biometano. E’ la strada ormai da percorrere: convertire tutti gli impianti esistenti. Una cosa che si può fare, che va sostenuta e in qualche modo sollecitata. Oggi ci accorgiamo di avere un impianto grande che poteva dare soddisfazioni in questo senso, quello di Maia, che invece è fermo, per la solita sindrome Nimby, per le solite incertezze autorizzative e amministrative e soprattutto perché l'innovazione come sempre, soprattutto quando si tratta del campo ambientale in materia di rifiuti, trova ostacoli artificiosi che non hanno ragione di sussistere”.
E così anche l’opportunità di partire per primi, in provincia di Foggia è stata persa. “Anche se – precisa l’esperto - la Tersan è una realtà di grande rilievo, sul panorama nazionale per quanto attiene alla gestione della Forsu, da molti anni a Modugno opera questo grande impianto, anche controverso in passato, così come è accaduto per Bioecoagrim per quanto riguarda in particolare il problema delle emissioni odorigene ma eravamo agli albori e tutti gli impianti di compostaggio avevano questo problema. Tersan in realtà è riuscita efficacemente a risolvere la cosa, producendo peraltro un compost di ottima qualità”.
Sul fatto che la produzione di biometano sia il sistema giusto per chiudere il cerchio di quella famosa economia circolare Gasperi non ha dubbi. “Basti pensare che la frazione umida è il 56% della produzione dei rifiuti solidi urbani, una miniera che può alimentare tanti impianti a biometano che valorizzino la Forsu. Il tema è più che mai attuale e i problemi si stanno appalesando ulteriormente con la crisi determinata dal conflitto Russia-Ucraina e da altre guerre che molto spesso hanno un effetto indotto sull’approvvigionamento di combustibili fossili. Sono stati accesi i riflettori sul fatto che non ci possiamo più permettere il lusso di dire no. La scelta del Governo di istituire un super comitato di Via dedicato all'approvazione di impianti a fonti energetiche rinnovabili è la risposta, secondo me, più azzeccata per trovare una strada preferenziale che sappia anche interagire con le varie sovraintendenze, province, regioni che continuano imperterrite a opporre divieti, prescrizioni o condizionamenti che in alcuni casi sono assolutamente insostenibili. Mi guarderò sempre dal dire che sull'altare dell'energia bisogna sacrificare il paesaggio, la natura o la biodiversità, nessuno potrà mai farmelo pensare ma ritengo che oggi inspiegabilmente ci sono impianti e progetti bloccati, in aree industriali e agricole che possono essere comodamente rese compatibili con impianti che non occupano molto spazio e che valorizzano gli scarti di lavorazione agro-industriali, perfetti per la digestione anaerobica”.
E’ verosimile pensare che in questo momento storico ci sono aperture istituzionali, normative e culturali decisamente più favorevoli a questi impianti.
Zone Transition
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“Si tratta ora di capire se qualche testa calda, incaponita contro eolico e impianti a biogas, si possa ancora mettere di traverso all'interno delle strutture autorizzative decentrate – ha sottolineato Gasperi -. Sicuramente ho guardato di buon occhio quello che ha fatto il ministero della transizione ecologica varando alcuni progetti importanti e credo che sia ancora più utile e di attualità cominciare a guardare con un po' più di laicità anche all'eolico offshore per il quale siamo in grande ritardo, nonostante il mare Adriatico possa fornire condizioni ottimali che neanche i mari del Nord potrebbero determinare. Del resto o si fa così o si muore sotto il cappio dei produttori di energia elettrica nucleare o di gas dell'est. L'Europa non se lo può più permettere”.