Nel SIN (Sito di interesse nazionale) di Manfredonia e Monte Sant’Angelo non si registra solo l’aumentata incidenza della mortalità nella popolazione, un preoccupante dato delle malformazioni congenite e più morti per tumore polmonare e infarto rispetto al resto della Puglia. E’ emerso dagli studi anche un +10% dei ricoveri di uomini per malattie renali.
E’ quanto mette in evidenza l’associazione Salute pubblica, fondata dal noto oncologo Maurizio Portaluri, che da decenni segue in prima linea il caso del Golfo.
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Negli scorsi anni la ricerca epidemiologica - condotta a Manfredonia a 40 anni dallo scoppio più grave del petrolchimico Enichem - aveva portato a risultati chiari e allarmanti sugli effetti dell’inquinamento ambientale sulla salute della popolazione. Dagli anni ’70 Manfredonia ha perso il vantaggio di salute che aveva prima rispetto alla media regionale, 14 morti in più per tumore polmonare rispetto alla media pugliese – riconducibile a inquinamento da arsenico -, ed ancora 2 morti in più al mese per infarto specie tra gli uomini dal 1995 in concomitanza con la chiusura della fabbrica. Infine, c’erano stati i dati inquietanti dello Studio Sentieri sulle malformazioni neonatali nel SIN di Manfredonia-Monte Sant’Angelo, superiori a quelle di tutta la Puglia: è di 216,9 il numero per 10mila nati in Puglia, ma nel territorio del SIN il dato schizza a 295,3, ovvero ben il 36% in più della media regionale.
Adesso lo Studio Sentieri consente all’associazione Salute pubblica di rimarcare che “Manfredonia mostra un tasso standardizzato di ospedalizzazione per malattie renali di 1,1 solo negli uomini - cioè rispettivamente il 10% in più - nel gruppo di siti che comprendono nella loro area altre fonti di inquinamento (impianti chimici, centrali, discariche e porti). Analogo il dato per le malattie renali croniche se si include il SIN nel gruppo dei siti contaminati da metalli pesanti e solventi”.
“Un recente studio pubblicato nel 2022, parte del programma di sorveglianza del Progetto Sentieri, si è posto l’obiettivo di valutare, nel periodo dal 2006 al 2013, il rischio di ricovero nella popolazione residente nei SIN con una contaminazione documentata di metalli pesanti per un insieme di specifiche malattie renali ben definite e, separatamente, per insufficienza renale cronica, distinte per sesso e presenza o assenza di tipologia di attività industriali (petrolchimica/raffineria e acciaierie) o altre fonti di inquinamento (es. impianti chimici, centrali elettriche, discariche e discariche di rifiuti e porti); contaminazione combinata di metalli pesanti e solventi o solo contaminazione di metalli pesanti”, spiega l’associazione di Portaluri.
“Secondo i risultati di questo studio, abitare in prossimità di impianti petrolchimici, raffinerie e siderurgici, e in particolare in prossimità di siti contaminati con una presenza combinata di metalli pesanti e contaminazione da solventi, potrebbe essere considerato un potenziale fattore di rischio per le malattie renali”, continua l’associazione Salute pubblica. “Considerati i diversi eccessi di ospedalizzazione per malattie renali osservati nello studio, è necessaria una sorveglianza epidemiologica delle persone residenti nei siti di interesse nazionale per le bonifiche, quali lo sono anche Brindisi, Taranto e Manfredonia. Inoltre, poiché la malattia renale non provoca sintomi fino alle sue fasi successive e l’insorgenza e la progressione della malattia renale è spesso prevenibile, per i residenti nei SIN studiati, gli autori consigliano di incorporare la diagnosi precoce negli attuali protocolli di screening, utilizzando biomarcatori degli effetti precoci, in grado di rilevare gli danni renali in una fase relativamente precoce quando sono ancora reversibili e, di conseguenza, di prevenire la progressione verso l’insufficienza renale completa. Gli stessi autori del progetto Sentieri raccomandano anche di utilizzare il biomonitoraggio di metalli pesanti e solventi in sottopopolazioni selezionate residenti nei SIN. Gli effetti nefrotossici del cadmio e del piombo possono progredire anche dopo la riduzione dell’esposizione. Le autorità locali preposte alla tutela della salute dovrebbero avviare subito uno screening della salute renale e un dosaggio di piombo e cadmio nell’organismo tra i lavoratori, esposti ed ex esposti, dell’area petrolchimica e nelle popolazioni più vicine a queste fonti di rischio per diagnosticare in fase precoce, e quindi reversibile, malattie renali altrimenti destinate ad aggravarsi irreparabilmente. Anche questo studio, nuovo per la patologia presa in considerazione e mai prima approfondita nei SIN, confermano sia il grave impatto negativo sulla salute dei ritardi con cui procedono le bonifiche, sia la necessità che le strutture di prevenzione e di cura in aree come queste dovrebbero essere più attrezzate con personale sanitario e mezzi rispetto ad aree non contaminate. Ma purtroppo è vero il contrario”, conclude l’associazione di Portaluri.
Zone Transition
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Finora la bonifica dei terreni iniziata da Syndial e continuata da Eni Rewind ha riguardato nel Golfo solo 31 ettari dei 96 di loro proprietà (il 18%); di questi, circa 28 sono stati bonificati, mentre restano da bonificare circa 2,5 ettari. Inoltre, non si sa quando avrà termine la bonifica delle falde ed Eni Rewind non ritiene necessario il monitoraggio e la bonifica del fronte mare. Né si sa dei 120 ettari del SIN non di proprietà di Eni.