Messina Denaro e le ombre della mala sull’eolico

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L’inchiesta sugli affari di Matteo Messina Denaro, che sta facendo emergere inquietanti ipotesi di interessi del boss nel settore dell’eolico, conferma le perplessità di Italia Nostra sulle politiche di incentivazione delle rinnovabili. Carlo Ripa di Meana lo chiamava l’affaire eolico: una gallina dalle uova d’oro che, grazie agli incentivi più alti d’Europa, ha fatto gola alla malavita organizzata.

“Come ripetutamente denunciato da Italia Nostra – affermala la sua presidente, Antonella Caroli, in una nota stampa diramata nelle scorse ore - dietro al proliferare delle richieste di impianti eolici presentate a Terna e ai tanti progetti improbabili e raffazzonati, che giustamente vengono respinti dalle Commissioni e dal MiC, si annidano purtroppo anche aziende riconducibili alla malavita. Invece di sparare contro il lavoro certosino e massacrante delle Commissioni Via (Valutazione impatto ambientale, ndr) e delle Soprintendenze, il mirino va spostato sulla credibilità e qualità delle imprese proponenti, con la costituzione di un Albo delle aziende analogo a quello per le grandi infrastrutture pubbliche. Ora, si potenzino i controlli sui progetti e si nazionalizzino gli impianti eolici collegati a interessi mafiosi”.

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Per un approfondimento sul tema a partire da queste considerazioni l’Attacco ha chiesto il contributo analitico di Giancarlo Dimauro, ex presidente di Confindustria Foggia, imprenditore sanseverese del rinnovabile e patron della M2Energia Srl, che, nel tempo, ha presentato a livello nazionale qualcosa come 1000 megawattora di progetti nel settore. Per Dimauro: “Il nostro territorio va fortemente attenzionato: bisogna uscire da certe dinamiche che, talvolta, caratterizzarono la realizzazione degli impianti. Vanno, invece, assicurati alla Capitanata progetti seri, di qualità e controllati”.  Cosa intende l’ex presidente di Confindustria quando parla di “certe dinamiche”?

“Da anni – premette - invito a maggiori controlli sugli operatori del rinnovabile, in particolar modo dell’eolico, perché si tratta di investimenti molto ingenti sul piano finanziario. Più ci sono soldi ‘liberi’ e non tracciati e più è facile investire, nonché accelerare determinati processi autorizzativi e realizzativi. Dunque occorrono controlli molto più attenti. Per esempio – spiega – quando nell’investimento è presente una forte ‘equity’ (quota attinente al capitale investito dall’impresa) rispetto al finanziamento bancario, ebbene lì c’è da sospettare. E’ insolito ma è possibile, ed è già successo, trovare una forte sproporzione sul rapporto finanziario dell’investimento, ad esempio in progetti che annoverano l’80% di ‘equity’. Siccome si parla sempre di investimenti ingenti, e beh, allora dovrebbe scattare il campanello d’allarme in tali circostanze. La stessa Regione – continua Dimauro - potrebbe effettuare maggiori controlli a monte delle richieste autorizzative, per verificare meglio chi siano i gruppi imprenditoriali proponenti, da chi siano costituiti nel dettaglio, e quali siano le fonti dei capitali presentati come propri. A volte questo non avviene, perché esistono gli sviluppatori che vendono a terzi, attraverso vari passaggi. E’ ciò che accade attualmente nel campo del rinnovabile”, analizza Dimauro, che poi compie altre considerazioni rispetto ad ulteriori dinamiche opache riscontrate sul territorio.

“Come si fa ad ottenere autorizzazioni anche in zone dove sussistono vincoli paesaggisti? – si domanda -. E’ già successo in Capitanata, dove tra l’altro esistono imprese che hanno ottenuto autorizzazioni a costruire i propri impianti con una velocità estrema rispetto ai normali tempi tecnici. Ci sarà un motivo dietro quest’estrema celerità? E’ anche lì che bisognerebbe indagare”, questo il nuovo monito di Dimauro. “In ultimo - conclude – è necessario indagare sul commercio dei terreni, perché ad oggi abbiamo appezzamenti la cui disponibilità viene venduta a valori enormi rispetto al trend di mercato. Si tratta di un mercimonio che avviene anche attraverso passaggi non tracciati. E, anche dietro tale versante, è facile comprendere le ombre che possono stagliarsi”.

Sull’argomento l’Attacco ha inoltre ascoltato Vincenzo Rizzi, ambientalista e componente della Commissione provinciale Via (ex membro anche di quella regionale) sui progetti di energia rinnovabile presentati in Capitanata.

Zone Transition

Zone Transition

“Ciò che posso dire – dichiara Rizzi - è che in molti dei casi in cui ho esaminato le progettualità in Commissione, ho ravvisato progetti scritti male. Certo, l’eolico è un business molto redditizio e chiaramente può fare gola anche alla criminalità organizzata, ma non siamo noi i tecnici che possono svolgere indagini di questo tipo. Esiste la Procura. Ad ogni modo condivido le riflessioni della presidente nazionale di Italia Nostra. E in aggiunta – continua Rizzi – penso che ci sia bisogno di una maggiore pianificazione in questo campo. Una pianificazione seria, che dia certezze. Perché dove non c’è pianificazione si può annidare di tutto. Gli impianti rinnovabili sono necessari, ma devono essere realizzati secondo criteri che non possono essere quelli del recente passato e a causa dei quali si è verificato un vero proprio saccheggio del territorio in provincia di Foggia. La pianificazione del Ministero, e poi a cascata della Regione e degli altri enti territoriali, sul rinnovabile è attualmente molto debole. Va indubbiamente potenziata”, conclude il naturalista.

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