Si conclude tutto in una sera, allo scadere di una giornata dal finale già annunciato. Dalle ore 21 di martedì scorso Roberto Boscaglia non è più l’allenatore del Calcio Foggia 1920.
Dovesse riassumersi la breve e controversa parentesi del tecnico di Gela all’ombra dello Zaccheria verrebbe semplicemente da dire: amarezza. Un retrogusto emerso lentamente, e che mai e poi mai il popolo rossonero avrebbe immaginato diventasse il triste finale di una storia iniziata soltanto il 9 giugno.
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Poco più di tre mesi, tanto è durato il breve interregno di Boscaglia sulla panchina del Foggia. Cento giorni o giù di lì durante i quali la squadra ha vissuto gli effetti di una trasformazione totale. Partita dalla conduzione tecnica. L’addio di Zdenek Zeman è stato un chiaro messaggio lanciato dalla società, che da subito ha ammonito: vogliamo vincere. “I tifosi del Foggia sono meravigliosi - evidenziava nei giorni immediatamente l’addio al boemo il presidente Nicola Canonico -. Devo tirarli fuori da questa categoria che non appartiene né alla città né alla tifoseria”.
Parole al miele, gioia allo stato puro che si è trasformata in euforia con i fuochi d’artico che di lì a poco hanno caratterizzato il mercato estivo: il secondo effetto di una trasformazione in corso d’opera, e ulteriormente amplificato dalle riflessioni a voce alta di Boscaglia, appena sbarcato in panchina. “Dobbiamo capire che siamo una squadra predestinata: dovremo vincere ed essere bravi a superare i momenti negativi che arriveranno”.
Considerazioni quasi profetiche, che avrebbero fatto passare in second’ordine anche le vicende riguardanti il mancato tesseramento di Oliver Kragl, ma soprattutto l’addio repentino ed inatteso di Alessio Curcio. Una vera e propria spina nel fianco, che nelle settimane successive ha infuocato le diverse correnti di pensiero del popolo rossonero.
Una diatriba prolungata che ha vissuto una calma apparente solo con l’avvio del campionato: il momento della verità. L’inizio di un possibile sogno subito però punteggiato dalle prime ombre di un incubo che di lì a poco avrebbe preso forma. Ma ancora lontano dall’essere immaginato.
L’ 1-3 incassato dal Latina è stato interpretato come un semplice incidente di percorso di inizio stagione. Più che logico. Un imprevisto da poter sottovalutare senza particolari preoccupazioni: “Abbiamo una squadra fortissima, il Latina ha avuto solo fortuna”, il leit-motiv più diffuso tra i tifosi rossoneri. Difficile non allinearsi a quelle valutazioni dopo soli 90’ di gioco, e con il ronzio nell’orecchio delle parole di inizio stagione dello stesso presidente: “Siamo soddisfatti del bellissimo clima che si è creato all’interno della squadra e del grande entusiasmo dei tifosi”.
Un ingrediente che nelle successive partite effettivamente non è mai venuto men: dalla sonora sconfitta di Picerno al pareggio di Potenza. Un sostegno che lo stesso Canonico ha voluto rimarcare anche nell’accesa conferenza stampa del post-gara con la Virtus Francavilla: “Quando si cambiano 18 giocatori penso che serva un po’ di equilibrio da parte di tutti. L’atteggiamento delle curve è stato straordinario, perché loro tengono al bene del Foggia”. Un pensiero che poi sarebbe sfociato in una vera e propria presa di posizione: “Quando sento o leggo titoli inerenti a disastri o situazioni precarie, significa gufare per il Foggia. Allora a questo punto preferisco dare retta ai ragazzi nelle curve che incitano la squadra fino all’ultimo minuto. Questo è un gruppo giovane che ha bisogno di amalgamarsi e va sostenuto. Bocciare un allenatore dopo due giornate è vergognoso”.
Parole nette e dirette che hanno finito con lo scatenare l’ira social dei tifosi, e inevitabilmente l’agitarsi di un mare sempre più agitato. La tempesta ha raggiunto il suo picco durante l’ultima gara di campionato: al terzo gol del Pescara le curve sono sbottate: “Vattene”. Inutile sottolineare chi fosse il destinatario di quel messaggio. Che ha preso a dilagare negli animi di un popolo ormai stanco e deluso.
Zone Transition
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Una rabbia quasi frustrante, generata da una storia d’amore cresciuta all’ombra dei migliori auspici, ma che alla fine si è rinsecchita alla luce di un triste addio. Un finale che nessuno avrebbe mai immaginato, ma che oggi ha segnato l’epilogo di un presente solo e soltanto nero…
Roberto Ciavarella