Foggia, il grande bluff

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E’ tutto un bluff. Di dimensioni immani. Se la sfida col Pescara doveva una volta per tutte chiarire il ruolo che il Foggia è in grado di svolgere nel corso della stagione, la risposta è che “lasciare la strada vecchia per quella nuova” si è rivelato un clamoroso errore di valutazione.

E che le responsabilità di un’annata che non potrà che essere in sordina e che comincia ad assumere le sembianze del fallimento vanno ricercate a monte. E non certo in chi oggi è solo lo strumento attraverso il quale è stato messo in piedi un progetto strampalato.

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Gli ultimi 90’ di campionato per il Foggia sono stati un supplizio, una delle più brutte pagine del calcio rossonero dell’ultimo ventennio, molto vicino a quell’infausto 0-5 col Brescia del ‘95 targato Delio Rossi. Il Pescara di Alberto Colombo, che in campo sabato sera allo Zaccheria schierava 5 under fra i migliori in circolazione nel girone C, alla fine ha fatto un figurone e smascherato le marachelle di patron Canonico, mettendo a nudo quelli che sono tutti i limiti (attuali e...futuri?) della formazione di Roberto Boscaglia. Che ora è più che mai nell’occhio della critica, e che non è detto che nelle prossime ore non venga sollevato dall’incarico.

Il club probabilmente gradirebbe che sia il tecnico di Gela ad ammettere le proprie responsabilità e a farsi da parte dimettendosi (il che comporterebbe rinunciare agli emolumenti, ndr), ma Boscaglia ha già lasciato intendere a chiare lettere che di dimettersi non ci pensa nemmeno lontanamente, e che quindi per dettare uno straccio di svolta sul piano tecnico il numero uno del club rossonero dovrà mettere mani al portafoglio. E appesantire ulteriormente il budget di una stagione che già così è da capogiro.

E’ partita, insomma, la caccia alle streghe, come spesso accade in casi come questo a pagare per tutti sarà quasi certamente l’allenatore, che le sue responsabilità le avrà pure per tutte le incongruenze che ha palesato in questi due mesi di panchina in cui si è sforzato di dare una identità alla sua squadra. Senza riuscirci.

Ma la domanda da farsi in questo frangente che inquieta e che apre scenari raccapriccianti è un’altra: servirà davvero a qualcosa cambiare? Già, perché più il campionato va avanti e più si palesa la forza delle avversarie, più si ha la sensazione che questo organico costruito in estate, fra fanfare e squilli di tromba, oltre che evidenti lacune sia stato assemblato in modo scriteriato. Al buio e senza un filo logico. Da chi sta evidenziando competenze specifiche vicine allo zero.

L’ultima indecorosa prestazione andata in onda in uno Zaccheria incredulo che ad un certo punto si è giustamente lasciato andare ad un moto di ribellione, ne è la conferma: difesa in bambola, centrocampo molliccio ed impalpabile, trequarti ed attacco (i reparti più di tutti decantati) non pervenuti. E poi ancora: collegamento fra i reparti inesistente e capacità reattiva del tutto assente. Zero in tutto e per tutto, insomma.

E allora? Come si viene fuori da questo disastro che ha pochi precedenti da queste parti? Innanzitutto con una presa di coscienza da parte della proprietà che, oltre ad ammettere i suoi errori marchiani, è chiamata ora a trovare il modo di venire fuori da una situazione che rischia di diventare irreparabile. Nicola Canonico, unico vero responsabile di questo scempio, è il primo a dover salire sul banco degli imputati. Inutile prendersela con squadra ed allenatore, che sono in evidente stato confusionale indotto. Dagli eventi.

Ma più che il mea culpa, l’imprenditore di Paolo del Colle da oggi deve trovare soluzioni. Per arginare l’impiastro realizzato con quella presunzione che gli è ormai riconosciuta. Dia risposte concrete che lascino intendere in maniera chiara ed inequivocabile che si intende cambiare registro. Ma faccia in fretta.

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E, semmai si arrivi al defenestramento del tecnico, ancor prima di individuarne il sostituto, il patron comprenda che la figura di un direttore sportivo diventa imprescindibile, e non potrà più in alcun modo essere di sua diretta emanazione. Dare la croce addosso a Emanuele Belviso ed addossargli errori di valutazione nella scelta dei giocatori sarebbe un altro esercizio inutile. Servono rimedi, senza ulteriori tentennamenti, prima che sia troppo tardi. Perché sbagliare è umano, ma perseverare...    

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