Due campagne di scavi, un successo impensabile. Sta emergendo la storia dell’antica Sipontum

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È nota l’estensione della città di Siponto ed è stata ricostruita larga parte della sua articolazione, “le mura perimetrali sono larghe circa 2 metri e si estendono a cingere un’area di circa 20 ettari. È presente una cinta esterna, a 8-10 metri da quella interna”. Resta incerta, tuttavia, la loro datazione. “Sono state realizzate al tempo della seconda deduzione della colonia romana nel 186 a.C.? Furono restaurate – si interrogano i ricercatori -, a seguito della presa della città da parte di Antonio e della riconquista del porto ottenuta da Agrippa per conto di Ottaviano?”.

Nella parte centrale, prossima alle due basiliche, hanno lavorato studenti e docenti canadesi della Mc Gill University di Montreal ed è stata individuata un’importante domus medievale articolata in più vani, con una piccola corte centrale dotata di un pozzo (esplorato dagli archeosub di Asso). “Pareti e pozzo sono interamente intonacati di rosso – racconta il professore Giuliano Volpe -, una particolarità su cui stiamo indagando perché ne siamo rimasti un po' sorpresi”. Al di sotto, c’è una casa torre – dovrebbe essere questa la spiegazione delle sue mura possenti – su cui si è poi sviluppata la successiva costruzione.

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Il monumento più rilevante della città romana è l’anfiteatro. Gode di una migliore percezione agli occhi dei visitatori per la successiva costruzione, su parte delle sue mura, della Masseria Garzia. “Oggi abbiamo dimensioni più precise e possiamo dire che era di 78 per 68 metri e poteva ospitare circa 8.000 persone”, chiarisce Volpe. La sua area, nel riuso che se ne è fatto in epoca medievale, era stata destinata per le sepolture. Gli studiosi sono rimasti in qualche modo stupiti dalla constatazione che non ci sono arredi funerari. Se ne stanno chiedendo il motivo e, una volta approfonditi i dati oggettivi che stanno acquisendo, cercheranno di darvi una risposta.

“Abbiamo fatto emergere per circa 3 metri – riprende il professore Roberto Goffredo -, fino alla sua quota di fondazione, il paramento in opera reticolata delle mura perimetrali dell’edificio”. E Volpe non può fare a meno di osservare che si tratta di una buona e una cattiva notizia. Buona perché “diversamente da quello che temevamo, il monumento è ben conservato. È costruito in sopraelevazione e, scavandolo, ritengo che è possibile riportarlo alla luce in maniera monumentalmente significativa”. È anche una cattiva notizia, invece, “perché abbiamo da fare 3 metri di scavo – sorride -. Si riesce fintanto che ci sono saggi di piccole dimensioni, invece l’intera superficie richiede un enorme lavoro di scavo che necessita di progetti di indagine e ricerca molto più importanti di quelli attuali”.

Dopo la sua defunzionalizzazione, avvenuta tra il IV e il V secolo a.C., l’area dell’anfiteatro e le sue rovine sono state cannibalizzate e riusate. “La fase che stiamo leggendo meglio – chiarisce Goffredo - è relativa allo spazio interno, dove una volta c’era la cavea, riutilizzato come cimitero tra XI e XII secolo d.C.”. La maggior parte delle tombe rinvenute “si dispongono l’una accanto all’altra, seguendo il perimetro del muro dell’anfiteatro, in uno spazio densamente occupato. Più individui deposti, in tempi diversi, all’interno della stessa sepoltura. Ne abbiamo trovati anche 6 insieme”.

L’impressione ricavata è che “fosse diventato una sorta di catalizzatore nella città medievale, probabilmente per via della sua forma che la rendeva una cittadella fortificata. Intorno, si è sviluppato un disordinato reticolo viario, come era tipico di quell’epoca”. Tra il XIII e il XIV secolo, infatti, l’area limitrofa all’anfiteatro venne lottizzata in senso abitativo. “Una serie di case diverse da quelle che abbiamo visto nell’altra parte della città: più piccole e con murature meno accurate nella realizzazione – aggiunge il docente dell’ateneo foggiano -, con spazi di vita più modesti al loro interno”.

All’incrocio tra il cardone massimo e il decumano massimo dovrebbe trovarsi la piazza principale della città romana e il suo foro. Il condizionale è dovuto al fatto che in quell’area c’è una vecchia casa cantoniera e le indagini condotte finora non hanno ancora consentito di capire cosa c’è sotto.

I ricercatori sono rimasti vittima di un abbaglio quando, dopo le indagini geofisiche oltre i binari ferroviari, hanno rilevato qualcosa che era parsa una chiesa, con abside e tre navate. Hanno deciso che lì si sarebbe impiantata la terza area di scavi mentre, in realtà, si sono trovati di fronte ad un settore del tessuto urbanistico della Siponto medievale, con tracce di preesistenza di età romana, dotato di imponenti fabbricati. Lì abbiamo raggiunto le profondità maggiori: buoni 3 metri e mezzo sotto terra”.

Lo stato di conservazione è molto apprezzabile, grazie ad un interro consistente “del quale stiamo cercando di capire le ragioni”. Uno di questi edifici è impostato, attraverso grossi blocchi di tufo, “sulle creste di due muri di età romana uno e al massimo tardo antica l’altro”. Le sue pareti interne erano rivestite di intonaco e possedeva un ingresso “quasi enfatizzato” per via dei tre gradini presenti e ancora visibili.

Zone Transition

Zone Transition

“Siamo abbastanza certi – dice Volpe – che sia collocabile nel pieno del XIII secolo. Siamo quindi convinti che si tratti del periodo di Federico II, visto che è quello il momento della migliore costruzione edilizia e carpenteria. Non ci sono testimonianze di ‘domus federiciane’ a Siponto, ma questo non significa che non vi siano stati edifici di epoca federiciana. Siamo inoltre convinti che si tratti di un edificio pubblico, data anche la qualità delle ceramiche rinvenute. Non si può ancora escludere che sia stato usato come magazzino, però noi stiamo pensando a qualcosa che abbia a che fare con la dogana. Sappiamo che c’era, come c’era un corpo di polizia”.

(Immagine puramente dimostrativa)

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