Al via il processo a carico della preside che ha dato del “ricchione” a uno studente. Ragazzo e famiglia unici a costituirsi parte civile

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E’ iniziato ieri il processo presso il tribunale di Foggia che vede come imputata Maria Michela Ciampi, dirigente scolastica dell’istituto Virgilio/Salandra di Troia, con l’accusa di abuso d’ufficio, per essere entrata in una classe terza delle medie e aver apostrofato un alunno chiamandolo “ricchione”. Il fatto di per sé sarebbe già estremamente grave se non fosse che a peggiorare la situazione ci si sono messi anche alcuni compagni che, quasi incoraggiati dall’adulta, hanno preso a vessare il ragazzo.

I fatti risalgono al 2018, lo studente non frequenta più la scuola ma i sui genitori, non avendo avuto riscontri da parte dell’interessata che si è limitata a dire di non ricordare l’episodio, hanno adito le vie legali, denunciando l’insegnante, per tutelare il ragazzo. La donna è dunque stata rinviata a giudizio e dovrà far valere le sue ragioni, scardinando le tesi dell’accusa.

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Una delle novità più importanti ha a che fare con la composizione dell’organo giudicante. “Si è passati dal giudice monocratico al collegio”, ha spiegato a l’Attacco Daniela Gentile, legale del ragazzo. Non una variazione di poco conto: “Il reato evidentemente è particolarmente grave e la competenza è passata al collegio, il discrimine tra queste due composizioni è non solo il grado della pena ma anche la tipologia di reato”, ha aggiunto l’avvocatessa.

Sempre ieri Gentile ha depositato la costituzione di parte civile dei due genitori, oltre che del ragazzo stesso, che aprirà poi anche alla possibilità di richiedere un risarcimento del danno a favore del minore.

Non si è presentato nessun altro: “Vale a dire che non si è costituita la scuola, il ministero, l'ufficio regionale, nessun'altro, appunto”.

Non un buon segnale e difficilmente alla prossima udienza, fissata per il 22 marzo, ci saranno soprese da questo punto di vista.

“A livello prettamente tecnico e processuale dal momento che la competenza è passata al collegio, formalmente il dibattimento non è stato ancora aperto e quindi fino a quel momento, fino ad un attimo prima c'è la possibilità di costituirsi parte civile, però a rigor di logica, visto che nessuno poteva sapere di questa svolta, la volontà di costituirsi in giudizio come parte civile sarebbe già dovuta emergere ieri”, ma così non è stato.

“Siamo soddisfatti che la competenza sia passata all’organo collegiale, rappresenta sicuramente un elemento positivo. Continuiamo ad essere ancora rammaricati dell'assenza delle istituzioni in questo processo e non riusciamo a comprendere il motivo della scelta di restare ai margini di questa vicenda, posto che parliamo un soggetto che tuttora riveste delle funzioni dirigenziali all'interno dell'istituto”, ha aggiunto la legale.

Assenza che fa il paio anche con l'attesa relativa alla risposta sull'istanza di accesso agli atti presentata dall'avvocatessa.

“Sappiamo che l’ufficio scolastico dispose un procedimento disciplinare a carico della dirigente e ho chiesto di accedere a quel fascicolo per capire cosa sia stato fatto in concreto ma al momento non ho ricevuto alcuna risposta”.

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All'epoca, la dirigente, come accennato, “si giustificò con il mio assistito dicendo che non ricordava di aver detto una cosa del genere e comunque se c'erano state queste espressioni erano state usate per scherzare – evidenziò in passato Daniela Gentile su queste colonne -. Su questo vorrei far presente che ci sono altri modi, altre sedi e altri tipi di rapporti in cui agire in quel modo. Quello che dovrebbe intercorrere tra uno studente e un dirigente scolastico non può essere un rapporto gioviale o amichevole. A maggior ragione in una classe. La scuola dovrebbe essere il luogo in cui piuttosto si combatte il bullismo, le istituzioni dovrebbero porsi dall'altro lato della barricata ed evitare il più possibile di agevolare questo tipo di atteggiamento. Qui invece paradossalmente si è andati proprio in direzione opposta, dando il la ai ragazzi per gli sfottò. La scuola è la sede naturalmente deputata a dare, forse prima ancora che nozioni e informazioni, le regole, in cui insegnare il codice valoriale ed educativo e ciò che è accaduto non è quindi perdonabile”.

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