Ci sono relazioni umane che non hanno bisogno di contatto fisico, eppure restano solidissime nonostante la distanza. E che distanza, se si considera che si tratta di migliaia di chilometri, anzi miglia nautiche sopra l'oceano Atlantico, quelle che separano l'Italia e il Brasile, Lucera e Turilandia, un centro immerso nella foresta amazzonica che ha un legame fortissimo con il territorio della diocesi di Lucera-Troia, avendone fatto parte a tutti gli effetti fino al 2018 come la 36esima parrocchia della chiesa locale, con la conduzione diretta di una scuola con oltre 600 alunni. E da quella gente arriva una storia commovente, ma anche emblematica di come vadano le cose quando ci sono elementi come la fede, la speranza, la carità, immerse nella fiducia della provvidenza e condite da una certa audacia. E’ la storia di un ragazzo, Cleonilson, e della sua “seconda” famiglia, i coniugi Gabriele Patruno e Anna Pia Martelli, da sempre sensibili al tema delle missioni e dell’aiuto agli altri, con qualunque mezzo.
A raccontarla è direttamente la donna, una delle fondatrici dell’Associazione “L’altro mio figlio” che da 35 anni si occupa di sostegno ai bambini in terre lontane, sopratutto con il sistema dell’adozione a distanza, animato dal punto di vista materiale e spirituale anche da don Vincenzo Onorato, presidente del sodalizio ed ex direttore del Centro Missionario Diocesano. “Era il 2001 quando siamo andati a fare la nostra visita periodica a Turilandia. Una mattina arrivò una coppia di anziani e collaboratori della parrocchia, e avevano con loro un nipotino piccolissimo, a malapena camminava. Durante la messa, spontaneamente si avvicinò a me e si sedette sulle mie gambe, senza che io nemmeno lo avessi chiamato. Era stato lui ad adottare me e non il contrario, ma da quel momento lo abbiamo sostenuto in tutto il suo percorso di vita. Oggi è adulto, è un artigiano a San Luis, la capitale del suo Stato, ma abbiamo fatto in modo che venisse a conoscere la sua seconda casa e il resto della sua famiglia”.
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Cleo ha 23 anni, si sta trattenendo a Lucera e per qualche settimana e sta conoscendo l’Italia, visto che è sbarcato per la prima volta in Europa, e poi tornerà nel suo Paese. “Sono molto felice di aver ritrovato Gabriele, Anna Pia e la loro famiglia dal vivo – ha detto – ma anche aver rivisto pure don Vincenzo che mi conosce da piccolo. Per me è una grande emozione ma anche un momento di riconoscenza per quello che hanno fatto per me”.
E di storie del genere ce ne sono decine, anzi centinaia, come i bambini che ’Associazione continua a sostenere anche in India e in Africa (Mozambico, Camerun, Etiopia e Guinea Bissau dove peraltro vivono Gabriella e Anna Pia, due gemelle sempre “figlie” della coppia lucerina), grazie a una rete di suore e di altri missionari.
Oggi Turilandia è una cittadina di oltre 20 mila abitanti nello Stato del Maranhao, sotto la diocesi di Pinheiro, ma una sessantina di anni fa praticamente non esisteva, e non lo sarebbe ancora se non fosse stato per un sacerdote di Orsara che da quelle parti viene considerato un santo: padre Antonio Di Foggia, scomparso nel 2016, dopo aver vissuto buona parte della sua vita in zone (vaste quanto metà della provincia di Foggia) in cui ancora oggi non ci mette piede quasi nessuno, tranne gli indigeni. Lo facevano solo lui e il suo primo collaboratore, padre Elio De Luca di Faeto che si è “ritirato” qualche anno fa. Basti un dato per certificare la considerazione sul posto di uno dei primi religiosi fidei donum della Chiesa cattolica dopo il Concilio Vaticano II, cioè preti diocesani che non hanno lo status vero e proprio di missionario perché non appartenenti a una specifica congregazione.
Subito dopo la sua morte avvenuta a Troia, il municipio brasiliano gli ha dedicato la strada principale, l’Avenida che taglia in due il centro urbano porta il nome Antonio Di Foggia, il protagonista di una vera e propria epopea, caratterizzata da tante belle e grandi opere, passate però per lotte politiche (perfino con la fondazione di un partito), sociali, economiche, anche un attentato subìto dai fazenderos della zona, i grandi latifondisti e nemici della foresta che si opponevano al processo di indipendenza dei piccoli agricoltori che volevano coltivare la terra per vivere.
Zone Transition
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“Padre Antonio alla fine degli anni 70 doveva morire – ha raccontato Onorato che ha sempre mantenuto il filo diretto con quei territori – e volevano farlo con il sabotaggio del piccolo aereo con cui si spostava in quel periodo assieme a un grande vescovo, monsignor Guido Maria Casullo originario di Monteleone di Puglia, che era un grande alleato delle popolazioni e sosteneva le attività a loro favore. Misero la sabbia nel serbatoio, il velivolo precipitò dopo il decollo ma il pilota riuscì ad atterrare sul vicino bagnasciuga, facendo in modo che si salvassero tutti”.