Reddito di cittadinanza sempre più al centro del dibattito politico, negli ultimi giorni di campagna elettorale, come strumento che, almeno al Sud, potrebbe valere 20 seggi ripartiti con il metodo proporzionale e ribaltare le previsioni sulle sorti del consenso popolare, arginando il vento in poppa del centrodestra. Per consegnarlo, invece, nel Mezzogiorno al Movimento 5 Stelle protagonista, con il suo leader Giuseppe Conte, di quella che pare profilarsi come una clamorosa risalita nel gradimento dell’’elettorato.
Il paese è spaccato in due, tra chi considera la misura pentastellata come una scialuppa di salvataggio che ha evitato al Paese di sprofondare in una crisi economico-sociale senza precedenti e chi invece reputa il reddito di cittadinanza come la panacea di coloro i quali, pur abili al lavoro, preferiscono stare in pantofole sul divano di casa.
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Rispetto a quest’ultima “analisi”, parlano, invece, di una storia diversa i dati forniti a l’Attacco dal professor Nicola Di Bari, membro del Gruppo italiano economisti d’impresa e collaboratore dell’Università Luiss Guido Carli di Roma in qualità di docente di Finanza d’impresa.
Innanzitutto, in Capitanata, quasi l’80% di chi percepisce il reddito o ha già un’occupazione (a condizioni contrattuali e salariali da fame) oppure è impossibilitato a lavorare perché affetto da impedimenti fisici o disabilità.
Ma partiamo dall’inizio, con l’aiuto del prof. Di Bari. Il quale, principiando dal contesto italiano, entra, poi, numeri alla mano, nel merito della storia del reddito di cittadinanza al Sud, in Puglia e in Capitanata.
Secondo le ricerche dell’economista e collaboratore stabile de l’Attacco i fondi stanziati per la misura negli ultimi 3 anni sono stati complessivamente 20 miliardi di euro circa a livello nazionale.
Scenario in cui hanno beneficiato 4 milioni e 600mila persone (2 milioni di famiglie), e cioè l’8% della popolazione totale, con una media di circa 550 euro a famiglia.
Di questi 20 miliardi il 70% dei fondi è andato al Sud (per un totale di 14miliardi di euro). Le regioni che hanno maggiormente beneficiato della misura sono la Campania per il 15% pari a 3 miliardi, la Sicilia con il 13% pari a 2,6 miliardi, la Calabria con il 12% pari a 2,1 miliardi, e la Puglia destinataria dell’8,9% pari a 1,8 miliardi. “La maggior parte di queste somme – commenta Di Bari – sono dunque andate a finire a regioni poco sviluppate dal punto di vista economico e, nello specifico, a persone poco o per nulla istruite. Per dare evidenza di quanto dico basti pensare – continua l’economista –che la Lombardia ha beneficiato solo del 2% dei fondi e il Veneto addirittura dell’1%”.
Il focus sulla Puglia parla di 99 beneficiari ogni 1000 abitanti, circa il 10% della popolazione regionale. 178mila le famiglie pugliesi che hanno potuto usufruire della misura, dato che complessivamente si traduce in 413.850 individui. Nei tre anni, quindi, al Tacco d’Italia sono arrivati mediamente 600milioni di euro ogni 12 mesi.
Veniamo alla Capitanata, territorio, da questo punto di vista, interessante perché su 582mila abitanti hanno beneficiato del reddito di cittadinanza 87.300 soggetti, per un numero di famiglie pari a 32.333: numeri che corrispondono al 15% della popolazione della provincia di Foggia. “Un dato clamoroso – analizza Di Bari - forse tra i più alti d’Italia: il che ancora una volta conferma come la Capitanata sia tra le province più povere della nazione, se non la più povera in assoluto. Un primato in negativo che, purtroppo, si aggiunge ad altri che già abbiamo”.
L’altro dato interessante snocciolato dal professore è il seguente: il reddito di cittadinanza in Capitanata ha contribuito ad un incremento dell’1,3% del Pil.
Ma a chi è andato, nel dettaglio, il RdC in provincia di Foggia? “E’ un quadro che tutti dovrebbero avere chiaro”, anticipa Di Bari.
Dunque, il 46% dei percettori di Capitanata è rappresentato da chi una pensione (davvero minima) o un lavoro (part time o precario) ce l’ha, ma guadagna così poco da attestarsi al di sotto della soglia di povertà assoluta. Un altro 32% del reddito è stato percepito da chi effettivamente è inabile al lavoro. Per Di Bari, però, “il dato più incredibile è quell’11% di percettori che sono in grado di lavorare ma che però non sono mai stati contattati per ricevere un’offerta occupazionale. “Questo dimostra – sottolinea il professore - l’inefficienza dei Centri per l’Impiego dalle nostre parti”. Un altro 11% è andato a chi, invece, essendo abile al lavoro, è stato contattato: in questo caso solo il 5% ha accettato il lavoro, il restante 6% lo ha rifiutato perché o non corrispondeva alle proprie caratteristiche professionali o perché la meta proposta era molto distante dalla casa di residenza, oppure, infine, per altre ragioni familiari.
L’ultimo dato aggregato parla di gran parte del reddito andato a persone ultra 40enni e ultra 50enni in provincia di Foggia. Pochi i giovani. Soprattutto, invece, persone sole o famiglie con 2 o più figli.
Tirando le somme il docente di Finanza d’impresa chiosa quanto segue: “In base ai dati credo che se non ci fosse stato il reddito di cittadinanza in Capitanata si sarebbe presentata di certo una grave problematica di tenuta economica che avrebbe alimentato tensioni di natura sociale. Credo che l’effetto della misura sul nostro territorio, e non solo, sia stato importante”.
E della “vulgata” del reddito di cittadinanza come sottrattore di manodopera, Di Bari che pensa?
“Il problema è del mercato di lavoro. Ci sono lavori, come nel comparto agricolo, turistico o della ristorazione, che gli italiani non vogliono più fare perché a fronte degli sforzi lavorativi il guadagno non risulta dignitoso. E’ questo il motivo principale per cui la manodopera in certi settori è sempre di meno. Il reddito di cittadinanza c’entra poco o niente, a mio giudizio. In questo senso, il salario minimo diventa un provvedimento normativo indispensabile”.
Zone Transition
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Per chiudere, secondo Di Bari, “il reddito di cittadinanza non ha alcun effetto ‘freno’ sull’economia italiana, i problemi sono ben altri”.