“È incomprensibile l’atteggiamento di chi definisce un attacco alla città di Bari l’accesso al Comune predisposto dal ministro Piantedosi. Come hanno ricordato il sottosegretario all’Interno, Nicola Molteni, e la presidente della commissione Antimafia, Chiara Colosimo, siamo di fronte alla 137esima ispezione da quando il sindaco di Bari è presidente Anci”. Lo ha detto il capogruppo al Senato di Civici d’Italia-Noi moderati, Michaela Biancofiore, aggiungendo che si tratta di “un’attività che arriva in seguito a un’ordinanza del tribunale della prevenzione del capoluogo pugliese. Chi vede un intervento a gamba tesa della politica o un atto di guerra, paventando una strategia predeterminata in vista delle prossime elezioni, non fa certamente un servizio ai cittadini che meritano di sapere la verità”. Fare “chiarezza - prosegue Biancofiore - è doveroso. Sarebbe bello che Antonio Decaro definisse questo come atto di legittima difesa contro la criminalità organizzata, non il contrario. Sarebbe normale che da cittadino e da sindaco, in difesa della legalità come ama ricordare, Decaro scegliesse di sostenere con convinzione il provvedimento firmato da Piantedosi, nell’ottica di una leale e opportuna collaborazione istituzionale”, ha concluso la senatrice.
Si è parlato in questi giorni di un atto di guerra da parte del governo nei confronti dell’amministrazione comunale di Bari (da Piantedosi un atto di guerra verso il Comune di Bari ha detto Decaro). “Tale presunto atto di guerra, in realtà è solo l’esercizio di un doveroso compito delle istituzioni previsto dal Testo unico sugli enti locali”. E’ questo il commento del deputato Giovanni Maiorano di Fratelli d’Italia, membro della commissione parlamentare antimafia. “Nel 2022, peraltro, sono stati interessati da tale procedura - aggiunge - 11 comuni, di cui 4 in Campania, 3 in Calabria, 2 nel Lazio e 2 in Puglia (Trinitapoli e Neviano). Non risulta che per questi comuni si sia registrata la stessa violenta reazione che in questi giorni la sinistra ha messo in campo per Bari”.
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Se di atto “di guerra - insiste Maiorano - si deve parlare, ma di questi tempi guerra è un termine che andrebbe assolutamente evitato, a porlo in essere è la sinistra che, evidentemente ritenendosi moralmente superiore (storia antica questa) considera una sorta di vilipendio la semplice attivazione di una regolare procedura, scaturita peraltro - conclude - da una indagine giudiziaria di significative proporzioni che ha registrato l’arresto di ben 130 soggetti”.
“Una reazione scomposta, fuori modo, teatrale in cui il sindaco Decaro ha accusato il centrodestra di qualcosa che non sta né in cielo né in terra. Come si dice, ha spostato l’attenzione sul dito anziché sulla luna”. Il viceministro alla Giustizia, Francesco Paolo Sisto, fa la spola come ospite da una trasmissione all’altra delle tv nazionali. Quasi da “imputato” insieme con altri due colleghi parlamentari (Marcello Gemmato e Mauro D’Attis) rei di essersi resi protagonisti della richiesta rivolta al ministro Piantedosi di approfondire i fatti sul caso Bari all’indomani dell’inchiesta giudiziaria che ha portato all’arresto di oltre 130 persone.
Ma Sisto, viceministro alla Giustizia da avvocato penalista qual è tiene a sottolineare alcuni aspetti: “L’inchiesta penale ha una sua caratteristica. Gli articoli riportati nel Testo Unico degli Enti Locali si occupano esattamente dello scioglimento dei comuni e della procedura che è nelle mani del Ministro per tramite il Prefetto. Una procedura - sottolinea - che non valuta le responsabilità penali ma è deputata a verificare se vi sono elementi concreti per stabilire se in una amministrazione comunale vi sono infiltrazioni della criminalità organizzata. Nessuno deve confondere le cose. Ministro e Prefetto in base alla legge hanno sostanzialmente tre opzioni: non fare nulla, disporre la nomina di una Commissione di accesso, sciogliere direttamente il Comune come accaduto in alcuni casi. Si è scelta la soluzione intermedia, ovvero quella di verificare quanto è accaduto. E’ l’unico aspetto che interessa noi e tutta la città, ovvero accertare se al di là della comunicazione magniloquente della lotta contro le mafie all’interno in realtà c’era qualcuno che governava la cosa pubblica appartenendo a clan criminali. Lo stesso Decaro ha detto che ce ne sono 14 in questa città. Io penso che la voglia di verità sia un dovere. Non riesco a capire questa acrimonia del primo cittadino se non l’eccesso e la particolare aggressività nella comunicazione che temo possa celare una debolezza di fondo. Una debolezza mascherata da una aggressività fuori posto”.
“Con una reazione ingiustificatamente fuori dalle righe - prosegue il viceministro -, era impossibile che a fronte di una inchiesta che ha portato ad oltre un centinaio di arresti, contestazioni del 416 bis, e una chiara situazione di controllo di una municipalizzata, non ci fosse alcun tipo di controllo. Abbiamo avuto accessi anche senza inchieste giudiziarie, comuni sciolti senza indagati. Credo che la reazione sia stata un corto circuito salvo che uno non pensi di essere intoccabile. E’ toccato tante volte a comuni di centrodestra, è toccato adesso a un comune di centrosinistra ma il problema non è il colore politico quanto la qualità dell’inchiesta e la necessità che il Ministero possa disporre l’accesso. E’ chiaro che questo è un tema che afferisce alla democrazia e che riguarda i baresi”.
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“Un sindaco che è stato sempre osannato - ribadisce Sisto - deve prendere atto che in questa città sono successe cose che non dovevano succedere e quando succedono qualsiasi sindaco deve essere consapevole che tutto quello che deve accadere accadrà. Bisogna prendere tutto con tranquillità e mettere le commissioni nelle condizioni di poter fare il proprio lavoro. Oltre 100 arresti, due consiglieri comunali appartenenti alla maggioranza e con il coniuge di uno che sosteneva la maggioranza. Non credo sia una responsabilità del centrodestra o di nessuno. La mafia non ha colore politico e se ci sono stati dei condizionamenti la Commissione è chiamata ad accertarli, verificare se ci sono stati condizionamenti. Chi dice cose che non stanno né in cielo né in terra ignorando regole e situazioni perde un po' il controllo. Si capisce che non c’è da riprendersi niente perché c’è un voto che poi in qualche maniera valuterà situazioni, fatti, circostanze, meritevolezze, valuterà se consentire la discontinuità oppure la continuità. E’ chiaro che questo è un tema che afferisce alla democrazia e che riguarda i baresi. La vicenda che ha scosso non solo i luoghi dell’amministrazione comunale, è una inchiesta che ha scosso la città. Mi sembra che fosse del tutto naturale e fisiologico, impossibile quasi da evitare che il Prefetto disponesse la commissione d’accesso. E’ una scelta assolutamente obbligata e doverosa per tante ragioni, non solo dal punto di vista normativo perché ci sono state commissioni di accesso per comuni che poi sono stati sciolti. Non è possibile pensare che ci siano degli intoccabili o dei comuni intoccabili o dei personaggi intoccabili. Il nostro è un Paese democratico in cui tutti possono essere soggetti ad una verifica. Tra l’altro questa è una commissione che deve verificare, ripeto doverosamente, indipendentemente da qualsiasi sospetto o illazioni sebbene il sindaco si lascia andare a ipotesi o illazioni, il gesto è doveroso per dare conto ai baresi di cosa è accaduto e cosa è stato fatto nei confronti della nostra città”.