Di Fonso: “Non conosco Nardella, scopro solo adesso di chi è il genero”

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“Non conosco quella persona, né sapevo fino a stamattina (ieri, ndr) che fosse il genero di qualcuno”. Così replica a l’Attacco l’ex consigliere di maggioranza Massimiliano Di Fonso (mister 1.500 preferenze nel 2019, il più suffragato di tutti) all’indomani della rivelazione, su queste colonne, di ciò che la relazione prefettizia dice nei suoi riguardi.

La relazione ricorda che “è segretario provinciale dell'organizzazione sindacale USPPI e prestava la sua attività lavorativa presso l'hub ospedaliero Opera Don Uva, di proprietà del Gruppo Telesforo”. Presso l'hub Opera Don Uva, si spiega, prestava servizio, in qualità di dipendente dell’impresa Pastore srl, Pasquale Nardella, genero del boss Pasquale Moretti. Nardella, il 20 gennaio 2020, fu arrestato per tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso e condannato successivamente a 2 anni due e 8 mesi di reclusione.

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L’impresa Pastore srl, il 10 febbraio 2020, gli notificò il preavviso di licenziamento per motivi disciplinari. Il giorno seguente alla sede INPS di Foggia fu inviata un’istanza via mail con cui Nardella chiedeva di beneficiare del congedo parentale. Ebbene, “gli accertamenti svolti hanno permesso di stabilire che l'utenza fornita è in realtà intestata a Di Fonso ed è ragionevole ritenere che l'indirizzo mail sia del Sindacato USPPI, di cui il consigliere comunale è segretario provinciale”, scrivono i commissari. “L'obiettivo di Di Fonso è evidentemente quello di evitare il licenziamento di Nardella”.

“Da quello che ricordo la questione riguarda una conciliazione per far tornare quel dipendente al lavoro”, spiega Di Fonso adesso. “Era un iscritto al mio sindacato USPPI nell’impresa Pastore srl, dove abbiamo 22-23 dipendenti dei 27 totali presenti a Foggia. I dipendenti iscritti al sindacato nemmeno li conosco, c’è il segretario aziendale che se ne occupa ed indica gli accordi conciliativi. Fu svolto un incontro in videocollegamento coi legali delle due parti, Pastore srl e il dipendente. Era meglio farlo tornare al lavoro o metterlo in mezzo ad una strada? Ricordo che ambedue i legali gli dissero che era l’ultima occasione, che doveva rigare dritto. Gli avvocati avevano già concordato tra loro”, continua.

“Sapevo che Nardella era in carcere, il suo arresto era finito sui giornali. Non posso rispondere delle eventuali responsabilità penali di un iscritto al mio sindacato, che si tratti di estorsione o altro reato io non c’entro nulla. Non lo conosco, non ho mai avuto a che fare con lui. Non sapevo nemmeno di chi fosse parente, l’ho scoperto leggendo l’Attacco. Lo giuro sul sangue dei miei figli”.

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Di Fonso smentisce di aver inviato la mail all’INPS: “Io come sindacalista mi sono occupato della conciliazione. Sono responsabile del patronato e le utenze sono intestate a me, ma non mi occupo del patronato. La mail è stata inviata da altri. Se il segretario aziendale chiede di conciliare per un iscritto al sindacato io non lo devo forse fare? Ho conciliato come concilio per tante situazioni. Non avrei dovuto svolgere il mio ruolo di sindacalista? Non sono coinvolto in alcuna indagine su episodi di corruzione né è stata avanzata richiesta di incandidabilità nei miei confronti”, rivendica l’ex leghista, poi passato con la Puglia Popolare dell’assessore regionale Stea.

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