Era un terremoto annunciato quello che ha scosso ieri il Policlinico Riuniti di Foggia: in carcere è finito il dirigente Massimo De Santis e ai domiciliari tre soggetti esterni all’ospedale.
Annunciato almeno per i lettori de l’Attacco che già ad ottobre scorso sono venuti a conoscenza della notizia che i filoni dell’originaria inchiesta che ha visto l’allora direttore generale Vitangelo Dattoli finire agli arresti domiciliari prima e al rinvio a giudizio poi, si erano moltiplicati e che in particolare le indagini delle otto sale operatorie si erano chiuse con il deposito dell’informativa della Guardia di Finanza; indagini che vedevano tra gli indagati proprio De Santis e gli altri arrestati di ieri.
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In altre parole un epilogo della vicenda era atteso da tempo. Non solo, l’Attacco aveva pubblicato, sempre negli stessi giorni, un approfondimento proprio sulla figura e sul ruolo del dirigente dell’ospedale. In particolare venne acceso un riflettore sulla quantità di familiari e amici che direttamente o indirettamente esercitavano la propria attività professionale nell’orbita del Riuniti.
Non a caso nell’ordinanza per l’esecuzione delle misure cautelari disposte dalla Procura di Foggia si fa riferimento all’assunzione del figlio di De Santis da parte della ditta che poi ha vinto l’appalto per la manutenzione degli impianti elettrici.
Zone Transition
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Il ritratto che tracciano del dipendete pubblico gli inquirenti è chiaro: “E’ incline all'illecito. Sin dal suo insediamento De Santis ha imposto il suo ruolo ‘autoritario’ sia con i dipendenti che con le ditte private, così riuscendo a strumentalizzare la funzione pubblica per il perseguimento di un tornaconto personale”.