“Andremo verso un Pronto Soccorso privato”

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Con la nuova struttura che domani al Policlinico Riuniti di Foggia prende avvio, il servizio dell’emergenza urgenza dovrebbe avere benefici tangibili per via della massiccia implementazione di spazi, di tecnologie e di sistemi fluidificazione dei percorsi.

Resta invece un’incognita l’impatto che sull’efficienza del Pronto Soccorso del Deu avrà la carenza di personale medico. “Carenza che riguarda tutta Italia – ha precisato il commissario straordinario dell’ospedale, Giuseppe Pasqualone -. Noi cerchiamo di colmarla in tutti i modi incrementando ad esempio l'organico del comparto, con infermieri, Oss e ausiliari. Anche su questo versante il nostro impegno è massimo”.

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La speranza è che altri medici possano arrivare dalle scuole di specializzazione. “Quest'anno Foggia è stata l'unica, insieme a Palermo, ad avere tutte le borse proposte occupate – ha evidenziato Paola Caporaletti, direttrice della struttura complessa di medicina e chirurgia di accettazione e di urgenza -, una cosa bellissima: 8 ragazzi hanno accettato di venire qui mentre in altre regioni ci sono stati numeri molto più bassi con borse rimaste scoperte rispetto a quelle offerte. Per noi è un orgoglio partire in questa maniera da illustri sconosciuti e un impegno a mantenere questa situazione, in modo tale che si possa continuare ad avere un gruppo di giovani che vedano in questa università e in questa struttura ospedaliera una possibilità di investimento”.

Peraltro oggi il medico specializzando ha un profilo completamente diverso rispetto al passato, ha ricordato il preside della facoltà di medicina dell’Università di Foggia, Gianluigi Vendemmiale: “E’ un medico ospedaliero a tutti gli effetti, gli specializzandi mandano avanti gli ospedali, ne sono la colonna vertebrale e sapere che ogni anno ne manderemo in corsia 8 (se non di più) significa aiutare molto il lavoro del Pronto Soccorso”.

Nei giorni scorsi su queste colonne, un medico del 118 aveva lanciato un appello affinché i primari e i vertici degli ospedali si facessero promotori di una sorta di movimento di opinione volto a sensibilizzare il legislatore affinché elimini l'obbligo di specializzazione per partecipare ai concorsi per reclutare medici nei Pronto Soccorso.

Non del tutto convinta della efficacia dell’idea la primaria del Ps: “In questo senso si è cercato di intervenire ma non è la dottoressa Caporaletti o altri che possono incidere. Anche la Società Italiana di Medicina di Emergenza Urgenza si è fatta promotrice a livello ministeriale di incontri sul tema, c'è stata anche un’audizione in Senato in cui hanno posto il problema della carenza dei medici, del reclutamento, del miglioramento della formazione e dell'organico unico per il medico dell'emergenza urgenza e quello del 118, che al momento sono due mondi separati. Anche il ministro Speranza è stato informato di questo problema. Ma se una società scientifica scende in campo portando avanti delle istanze che sono prettamente sindacali, c'è da chiedersi il motivo: noi medici di emergenza urgenza siamo in via di estinzione. Ci sono così pochi che vogliono fare ancora questo lavoro e così tanti che se ne vanno che si cominciano a chiudere i Pronto Soccorso. La risposta è che andremo verso un Pronto Soccorso privato: se il pubblico non avrà più le forze per mantenere aperto il servizio, subentrerà il privato”.

Tutti temi ampiamente trattati anche sulla stampa nazionale e dagli addetti ai lavori, ricorda la dottoressa. “Ci sono regioni come Lombardia, Veneto e ora anche Emilia Romagna (il che la dice lunga) che hanno in Pronto Soccorso medici attinti da quelle che chiamano cooperative ma che sono in realtà agenzie interinali. Le agenzie contattano le strutture pubbliche e chiedono quali siano i turni da coprire, lì mandano i professionisti che pagano a ora. Questo modus operandi rappresenta anche una perdita del valore dell'equipe: i medici eseguono la loro prestazione in tempi prestabiliti e vanno via mentre noi ci confrontiamo continuamente in reparto, anche con i medici in convenzione in arrivo dalla Asl”.

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Perché i professionisti scelgono questa strada e non una carriera nel pubblico? “Ne ho parlato a metà maggio al congresso nazionale con un ragazzo specialista in medicina d'emergenza urgenza, le nostre punte di diamante - risponde a l’Attacco la dottoressa -. Mi ha detto che non sarebbe stato disposto ad andare a lavorare nel pubblico perché costretto a lavorare 156 ore al mese, con ritmi massacranti e una retribuzione non soddisfacente. Ha quindi deciso di lavorare con le cooperative guadagnando la stessa cifra ma lavorando 80 ore, con più tempo libero di recupero e respiro, senza andare in burnout, come invece accade praticamente sempre ai medici di Pronto Soccorso, che non hanno il tempo neppure di andare in bagno e sono continuamente aggrediti, con un carico di lavoro pesantissimo che ha conseguenze psicologiche enormi. Quale giovane non sceglierebbe un'altra strada?”, chiede sconsolata Caporaletti.

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